“Nonostante tutto quel che si è detto per descrivere il pericolo e il danno che deriva dalla divisione interna dei Palestinesi, val la pena ricordare alcuni fatti che sono di fronte agli occhi di tutti, ma che sono tuttavia trascurati in mezzo alle liti e ai conflitti locali,” scrive Mustafa Barghouti sul quotidiano pan-arabo al-Hayat di lunedì.
– Il primo è il fatto che l’equilibrio di potere tra noi e il movimento sionista è pericolosamente squilibrato a favore di quest’ultimo, e i governanti di Israele sfruttano questa situazione per realizzare i loro progetti sul terreno in un modo così insolente e feroce come non si era mai visto. E per far questo, sono avvantaggiati da fattori interni, regionali e internazionali. Ma l’unico modo per galvanizzare gli elementi di forza dei Palestinesi e affrontare questo squilibrio sta nel porre fine alla divisione palestinese e ricompattare le fila nazionali.
– Il secondo fatto è che, dai tempi della Nakba del 1948, il popolo palestinese non ha mai attraversato una fase così pericolosa come quella che deve affrontare oggi. Questa è una fase la cui caratteristica principale consiste nel tentativo di liquidare tutti i contenuti della causa palestinese, a partire da Gerusalemme, fino ai diritti dei rifugiati, al nostro diritto di autodeterminazione, al nostro diritto di realizzare uno stato libero, indipendente e sovrano.
– Il terzo fatto è che il principale fallimento del movimento sionista e il maggior successo dei Palestinesi consiste nella tenacia con cui questi ultimi rimangono legati alla loro terra. Ma oggi anche questo è in pericolo, a causa dalla separazione tra Gaza e Cisgiordania e per l’isolamento imposto su Gerusalemme.
– Il quarto fatto è che l’occupazione e la pulizia etnica, portate avanti fin dal 1948, sono ora diventate un perfetto sistema di apartheid razzista e coloniale che mira a sostituire i Palestimesi e ad espellellerli dalla loro terra. Questo riguarda tutte le componenti del popolo palestinese, sia quelle delle zone occupate nel 1948, sia quelle dei territori occupati [nel 1967], sia quelle che si trovano fuori dalla Palestina. E questo sistema di apartheid può essere affrontato e sconfitto solo riunendo le tre componenti del popolo palestinese.
– Il quinto fatto è che oggi è in pericolo il diritto dei Palestinesi ad avere una rappresentanza, un diritto che avevano conquistato a prezzo di enormi sacrifici con l’avvio della rivoluzione palestinese dei nostri tempi, con la coraggiosa prima Intifada popolare e nonviolenta che si è poi concretizzata nel riconoscimento arabo e internazionale dell’OLP come rappresentante dei Palestinesi. Ma questo diritto è oggi in pericolo per la divisione interna dei Palestinesi e per le complicità internazionali, tra le quali spicca il cosiddetto ‘accordo del secolo’ [prospettato da Trump] che cerca di sfruttare proprio la divisione interna per privare i Palestinesi del loro diritto ad avere una rappresentanza per se stessi e per la loro causa.
– Il sesto fatto è che qualunque processo democratico, comprese elezioni onnicomprensive e democratiche (che avrebbero dovuto avvenire da gran tempo), non potrà raggiungere i suoi obiettivi e ottenere una piena legittimità senza la partecipazione di tutte le forze palestinesi e senza l’inclusione della Cisgiordania con Gerusalemme, della Striscia di Gaza e, per quanto è possibile, di ciò che si trova all’esterno della Palestina.
– Il settimo fatto è che gli amici e i sostenitori del nostro popolo in ambito internazionale stanno manifestando una preoccupazione che non ha precedenti. Si trovano infatti in una imbarazzante confusione a causa della nostra sempre più profonda spaccatura interna. Con grande rincrescimento e disappunto, continuano a ripetere che non capiscono il persistere di questa divisione e non riescono a giustifcare l’incapacità dei Palestinesi ad unificarsi, malgrado tutti pericoli che incombono su di loro. Bisogna rendersi conto di questa preoccupazione se vogliamo capire il perché dell’iniziativa russa che ha invitato le forze palestinesi a Mosca per discutere la fine della divisione e la conquista dell’unità. Dobbiamo approfittare di questa iniziativa per superare la prova ed uscire dal buio tunnel della divisione, tenendo ben presente che, se non riuscissimo a raggiugere l’unificazione in quel consesso, le conseguenze sarebbero tragiche.
– L’ottavo fatto è che l’unificazione si può raggiungere solo se si accettano due princìpi: quello della collaborazione e quello del diritto del popolo al metodo democratico. L’unità si può realizzare solo se si dà la priorità agli interessi nazionali piuttosto che agli interessi di fazione, di partito politico, soggettivi o personali.
“La divisione ci porterà direttamente nell’abisso, da cui ci potremo salvare solo se crediamo sinceramente nell’unità per vincere la battaglia contro i nemici della nostra causa,” conclude Mustafa Barghouti.
Mustafa Barghouti è un parlamentare palestinese, lontano parente del più famoso Marwan Barghouti che si trova nelle carceri israeliane. È il fondatore del partito Iniziativa Nazionale Palestinese ed ha partecipato alle elezioni presidenziali del 2005, in cui è risultato secondo dopo Abu Mazen, raccogliendo il 21% delle preferenze.
Traduzione di Donato Cioli / Tratto da: AssoPalestina