L’accordo militare Italia-Niger promosso dal governo Gentiloni nel 2017 è poco specifico, poco trasparente e presenta diversi vulnus legali. A denunciarlo oggi a Roma l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), la Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili (Cild) e Rete disarmo. I tre organismi in conferenza stampa hanno reso noto il contenuto del trattato militare stipulato tra Roma e Niamey il 26 settembre 2017, per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza.
Il primo punto di criticità dell’accordo sollevato dai legali riguarda la forma. Il fatto che il governo avesse scelto di adottare un accordo in forma semplificata “ha permesso l’attuazione prima che arrivasse il via libera del parlamento” ha denunciato Francesco Vignarca, di Rete Disarmo. L’accordo quindi, ad oggi, non è ancora entrato in vigore. Secondo l’avvocato di Rete Disarmo, “ciò ha comportato l’invio in Niger di circa 20 militari italiani sui 470 previsti prima che le Camere lo approvassero, o semplicemente conoscessero la natura della missione”. Per gli esperti, è stato così aggirato l’articolo 80 della Costituzione che per gli accordi internazionali prevede l’approvazione del parlamento.
Inoltre, ha denunciato Vignarca, l’accordo “è costituito da appena otto pagine, quindi è poco dettagliato. Appare come un copia-incolla di trattati precedenti”. Secondo l’avvocato di Rete Disarmo, il fatto che l’intesa sia poco dettagliata è un nodo problematico “perchè lascia spazio a elementi non pertinenti”. “Pensiamo ad esempio – ha sottolineato Vignarca – che questo accordo prevede l’accesso di navi, ma il Niger non ha neanche le coste”.
Infine, ancora Vignarca, l’intesa con Niamey “ha promosso” i prodotti della difesa: “Sembra che si voglia aprire una cooperazione industriale – peraltro monodirezionale – sfruttando un accordo nato invece per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza. Questo si concretizza con la donazione di sistemi d’arma dall’Italia al Niger”.