Il “Monastero del Bene Comune”, nei dintorni di Verona, ha ospitato qualche giorno fa un convegno internazionale veramente interessante, sia per la sede, sia per le idee che sono state messe al centro dell’incontro, sia per le personalità di ogni angolo del mondo che si sono trovate per la prima volta tutte insieme.
Prima di tutto il nome del luogo… Questo monastero, retto dai Padri Stimmatini, come ci ha confidato padre Silvano Nicoletto, ha preso il suo nome dopo un convegno di qualche anno fa, in cui i partecipanti lo chiamarono “del Bene Comune” perché trattavano dell’acqua e degli altri “beni comuni” non commerciabili, a cui non si potrebbe e non si dovrebbe dare un “valore monetario”, ma solo condividere tra tutti gli esseri viventi.
Poi il fondatore-organizzatore del movimento “Audace-Humanité”, tradotto in italiano in “Audacia in nome dell’umanità” (per una “carta degli abitanti della Terra”), il professor Riccardo Petrella, economista politico, che è stato insegnante presso l’università di Lovanio (Belgio) e direttore del Programma Europeo FAST (Forecasting and Assessment in Science and Technology).
Riccardo Petrella, oltre ai suoi studi ed ai suoi incarichi universitari e politici, è stato da sempre un grande sostenitore della “globalizzazione dell’Umanità”, ben si intenda, non nel suo significato politico-economico-finanziario, ma nel suo senso etico: Umanità, luogo ed insieme degli esseri viventi, utilizzatori “pro tempore” delle risorse naturali della Terra.
Il sogno di Riccardo Petrella è quello di unire sotto un’unica “agorà” (piazza, comunità, tenda) il complesso dei “viventi” di cui si sta appropriando la finanza globalizzata, dal momento della nascita fino a quello della morte. “Agorà degli abitanti della Terra” è il titolo dato al convegno, per una “carta dell’umanità: verso un patto dell’umanità”.
Ma quali sono le ragioni per una operazione che pare puramente utopistica e senza un fondamento o un futuro reale? Tredici gruppi di personalità e studiosi si sono riuniti in varie località del mondo ed hanno stilato delle proposte e delle idee tutte rivolte a restituire l’umanità alla Terra e la Terra all’Umanità. Al termine di questo lavoro multiplo, le tredici relazioni sono state condensate ciascuna in tre punti chiave, messi in discussione per ottenere una sintesi dal consesso di Sezano.
Il convegno ha quindi analizzato e discusso le quaranta indicazioni di percorso per giungere a porre le basi per la “Carta dell’Umanità”, esattamente settanta anni dopo la “Carta dei Diritti Umani”.
I tre punti principali del documento finale indicano che bisogna, prima di ogni altra cosa, “continuare a sognare, senza mai arrendersi” in modo che “i nostri cancelli si aprano”. In estrema sintesi, le conclusioni sono racchiuse in questi tre punti:
- Salvare sempre e comunque la vita nella sua sacralità e spiritualità, nella sua identità e nello spirito dell’”Ubuntu” (L’essere ognuno parte non solo di sé ma anche dell’altro: senza l’uno, l’altro non può esistere e viceversa, e se sto male io è perché sta male l’altro e viceversa). Poi l’obiettivo dello “star bene tutti” (“wellbeing for all”) e del “salvare la vita, tutte le vite, bandendo le guerre agli impoveriti, perché la povertà è già guerra.
- La sicurezza della vita è nei “beni comuni mondiali pubblici” (democratizzazione dei beni comuni), ma anche in un sistema di giustizia sociale su scala planetaria e nel definire come “illegale” ogni forma di impoverimento portato dall’improprio uso della proprietà privata di beni che devono essere comuni.
La capacità costituzionale di agire: la politica va ripensata perché “politica” non è il mercato come non lo è la sovranità nazionale, né la proprietà privata; l’istituzionalizzazione della “Comunità Globale” (“Umanità”). La responsabilità e la gioia di vivere, liberi dalla tenaglia del mercato: costruzione quotidiana della solidarietà; una informazione non corrotta ma sostenibile, realmente comunicativa, pronta ad un mondo anch’esso meno corrotto.
- Gli attori ed i processi di questo cambiamento devono essere:
– gli “abitanti della Terra” in quanto tali, le differenti “agorà”, tende, luoghi di dialogo…
– la pluralità dei mezzi e dei modi di azione, comprese le ONG…
Un breve commento a margine si può riprendere dal quesito iniziale: parliamo di Utopia, Sogno o Astrazione socio-politica?
Forse potrebbe essere un’Utopia pensare che il mondo globalizzato, monetizzato oltre gli estremi limiti di qualsiasi etica, possa essere cambiato con la dolcezza ed il rispetto reciproco, partendo da sentimenti che i moderni sociologi definiscono “buonisti”: certo che una scelta etica da parte del dio-denaro si presenta alquanto improbabile, come potrebbe essere impossibile e contraddittorio ripartire con una nuova “rivoluzione francese” o “bolscevica”, magari meno cruenta, ma dagli esiti imprevedibili.
Sogno… sicuramente è lecito per ognuno sognare di vivere su una Terra libera, con una “cittadinanza” etica umanistica ed umanitaria. Il dio capitale non ritengo sia capace di un qualsiasi sforzo minimamente etico ed orientato ad una condivisione piuttosto che all’accumulo per alcuni ed all’impoverimento letale per tutti gli altri che sono considerati “nessuno” dal Congresso di Berlino del 1854, che stabilì il primo intervento europeo colonialista del Belgio in Congo.
Astrazione socio-politica? Questa potrebbe essere la definizione di un meeting di persone un po’ utopiste, sicuramente sognatrici, ma anche molto ben consce dei guai che la Terra sta subendo proprio a causa del dio denaro e di alcuni folli che lo stanno maneggiando in maniera contraria a qualsiasi legge naturale, fisica, chimica ed anche umana.
Ma la speranza, almeno in questo bel gruppo di utopisti e sognatori, non manca: si sta cominciando a studiare il documento d’identità dell’”abitante della Terra”, superamento almeno ideale del concetto di “cittadinanza” come proprietà dello Stato sul “vivente”.
Paolo Merlo