La Giornata Internazionale dell’Avvocato Minacciato è stata anche quest’anno un giorno simbolico per ricordare numerose persone che si trovano in grande difficoltà nello svolgere questo mestiere in Turchia.
Questa giornata, organizzata fin dal 2009 – ogni anno – il 24 gennaio, fin dalla sua fondazione serve soprattutto ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema. Anche quest’anno, per la seconda volta dall’inizio, è stata dedicata alla Turchia. Secondo i dati diffusi dall’Associazione Arrested Lawyers Initiative (fondata dagli avvocati turchi esuli in Europa), a inizio 2019 si contavano in Turchia 216 condanne definitive a carico di avvocati, per un totale di 1361 anni di carcere inflitti, 594 avvocati detenuti e 1546 sotto processo.
Tra le accuse compare quella di “appartenere alla comunità di Gulen”: realtà religiosa, ex alleata dell’attuale governo, accusata di aver messo in atto il fallito tentativo di colpo di stato del 2016. Ormai è risaputo da anni che questa comunità ha infiltrato i suoi seguaci in diversi apparati del sistema burocratico. Tuttavia questa realtà religiosa guidata dall’ex imam Fethullah Gulen ha vissuto i suoi momenti migliori da quando l’attuale governo è arrivato al potere. Ovviamente a pagare le conseguenze dell’attuale conflitto tra la comunità di Gulen ed il governo sono cittadini, appartenenti alla comunità o meno, ma non i politici.
Ovviamente non mancano anche altre accuse di profilo “terroristico”. In primis, gli avvocati sono accusati di appartenere oppure di agire per conto del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), organizzazione definita “terroristica” dalla Repubblica di Turchia, e non solo. Successivamente, nella lista delle “organizzazioni terroristiche”, vediamo apparire anche il DHKPC (Fronte del Partito Rivoluzionario per la Liberazione del Popolo), un’altra realtà che propone la lotta armata da tempo, esattamente come il PKK.
Oltre alle motivazioni legali e ai numeri ci sono le voci e le esperienze degli avvocati. Ezgi Cakir fa parte dell’Ufficio Legale del Popolo, una realtà storica fatta di avvocati che si occupano principalmente dei processi politici. In un’intervista rilasciata al canale Bbc Turkçe racconta così la sua esperienza: “Subiamo una notevole limitazione all’accesso alle cartelle, oppure cercano di non farci entrare fisicamente negli uffici delle questure che si occupano dei casi politici. Insomma cercano di impedirci di svolgere il nostro lavoro di avvocati”.
Can Atalay è un avvocato e fa parte del Comitato di Soliderità Taksim. In questi ultimi anni questo giovane si è occupato di numerosi processi legati alle persone uccise durante la rivolta popolare più grande della storia della Repubblica di Turchia. Riassume con queste parole la sua esperienza: “Prima di tutto bisogna smettere di far finta di pensare che in Turchia sia vigente lo stato di diritto. Quindi, esattamente come i semplici cittadini, anche gli avvocati non sono tutelati. Un avvocato sotto minaccia si sente impaurito e si sente obbligato a limitare la libertà per svolgere il suo lavoro”.
Secondo Ahmet Durakoglu, Presidente dell’Albo di Istanbul, nel corso dello stato d’emergenza degli ultimi due anni (2016-2018) gli avvocati hanno vissuto un periodo molto complicato. “In certi casi assistiamo a processi in cui difendere un cittadino sembra essere un reato. Dopo lo stato d’emergenza sono state introdotte nuove leggi che fanno respirare la stessa aria. Quindi ancora oggi svolgere il nostro lavoro è molto difficile e pericoloso, in carcere ci sono avvocati condannati per il solo fatto di aver svolto il loro lavoro. Non parliamo di quante volte gli avvocati vengono espulsi dalle aule”: sono le parole del Presidente che riassumono la situazione, peggiorata in questi ultimi anni.
Ezgi Cakir, oltre a svolgere il proprio lavoro da legale è anche una degli accusati di un maxi processo dove sono coinvolti altri ventuno colleghi, alcuni dei quai ancora in carcere. L’ufficio in cui lavora Cakir in questi anni ha subito diverse irruzioni della polizia, esattamente come la sua abitazione personale. Infatti, nel servizio realizzato dal reporter Fatih Pinar per il canale Bbct Turkce, si può vedere che all’ufficio si accede attraverso una grande porta blindata ed un cancello. Cakir, nonostante tutto, pronuncia queste parole: “Ci rendiamo conto che tutto questo fa parte di un disegno politico ma non faremo un passo indietro, continueremo a svolgere il nostro mestiere”.