È stata finalmente inaugurata la tanto attesa Conferenza Internazionale, promossa dall’Officina del Programma Martiano a Cuba, «Por el Equilibrio del Mundo», un foro di pensiero globale che impegnerà operatori culturali, educatori e docenti, intellettuali e ricercatori attivi nella trasformazione, per quattro giorni, fino al prossimo 31 gennaio.
Si tratta di un evento culturale di primaria importanza, uno degli eventi periodici più rilevanti dell’intero continente americano, un’occasione di confronto e di interscambio per gli intellettuali progressisti per riflettere sulle questioni globali ed esplorare nuovi percorsi del cammino rivoluzionario nel tempo presente.
La portata e la valenza dell’evento sono testimoniate, del resto, sin dai numeri: quattro giorni interi tra lectiones magistrales, tavole rotonde, forum di ricerca, commissioni e seminari, tra cui, quest’anno, particolarmente significativi quelli dedicati ai temi della bioetica, alle questioni della cultura politica e dei diritti umani, e alle arti e alla letteratura per la trasformazione sociale; decine di personalità invitate ed una partecipazione senza precedenti, con 65 Paesi rappresentati, più di 650 delegati internazionali, praticamente da tutto il mondo, dalla Scandinavia al Kazakistan, dalla Cina al Senegal, ed ancora 250 delegati nazionali, una delegazione cubana composta da docenti, formatori ed educatori di ispirazione martiana.
Questo è infatti uno dei tratti che caratterizzano questo Forum e che bene è stato messo in evidenza sin nella prolusione di apertura della conferenza, da parte di Hector Hernandez Pardo: una conferenza internazionale di pensiero e di riflessione globale, un forum ispirato al pensiero e all’opera – e alla sua azione per la auto-determinazione e l’unità dei popoli dell’America Latina – di José Martí. Lo ricorda ancora Hector Hernandez Pardo: è stato Fidel Castro il primo a universalizzare il pensiero martiano come radice ideologica decisiva, insieme con l’umanesimo e il marxismo, della Rivoluzione Cubana.
Nella occasione, indimenticabile, dell’Atto Finale della I Conferenza, nel 2003, Fidel intervenne con un memorabile discorso di chiusura in cui per tre volte, contro l’imperialismo e contro l’ingiustizia, chiamò tutti i presenti, gli attivisti e gli intellettuali progressisti di tutto il mondo, a «seminare idee» e «seminare coscienza». Se l’imperialismo dispone degli strumenti del capitale e della forza per esercitare il suo predominio, alle forze rivoluzionarie tocca un lavoro di lunga lena, di conquista dei cuori e delle menti delle persone, di lavorare con le idee e per la coscienza, di mobilitare le masse più ampie per conquistare sempre nuovi spazi per la democrazia e aprire sempre nuovi orizzonti alle prospettive della pace, della dignità e della giustizia.
L’apertura dei lavori della conferenza di quest’anno si celebra, quindi, anche all’insegna della piena solidarietà e del più forte sostegno al Venezuela Bolivariano, sotto attacco dell’imperialismo occidentale e alle prese con un golpe continuato, sobillato, in primo luogo, dagli Stati Uniti; ma anche della solidarietà al Nicaragua sandinista e alla Bolivia plurinazionale. Viene rivolto un pensiero ai leader progressisti dell’America Latina perseguitati e imprigionati, con l’obiettivo di fare tornare l’America Latina ad essere il «patio trasero» degli Stati Uniti. Viene consegnato, a culmine della giornata inaugurale della conferenza, il «Premio UNESCO José Martí» all’importante intellettuale cubano Roberto Fernandez Retamar, occasione, questa, per ricordare che l’intera conferenza si svolge sotto gli auspici dell’UNESCO e rappresenta un’occasione preziosa per puntellare gli obiettivi della organizzazione internazionale, vale a dire di promuovere la pace e la cooperazione tra le nazioni, approfondendone i legami e la convergenza sui temi della educazione, della scienza e della cultura, come veicoli di pace e di progresso.
Numerosi e significativi i messaggi di saluto per l’apertura della conferenza, tra cui quello di Papa Bergoglio; importante e partecipatissimo l’intervento del ministro della cultura della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Ernesto Villegas, che ribadisce il no alla strumentalizzazione golpista e alla aggressione imperialista contro il suo Paese e conferma, con forza, la parola d’ordine: «Venezuela quiere Paz». Non a caso, ricorda, le manifestazioni di violenza di strada, che hanno accompagnato il tentativo golpista degli Stati Uniti e delle quinte colonne interne, hanno colpito, vandalizzato o distrutto proprio i simboli della emancipazione latino-americana, come la casa di Robert Serra, il monumento a José Martí, perfino i simboli legati alle celebrazioni dei “Diavoli Danzanti”, recentemente dichiarati patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO. Con la violenza e con le menzogne, continua Villegas, vogliono giustificare una nuova guerra; ma, appunto, «l’equilibrio del mondo» passa per la pace, a partire da quello che è uno degli scacchieri strategici del pianeta, l’America Latina. Non vi è pace senza giustizia, dunque: anche per questo, la lotta per la dignità e per la giustizia, per la libertà e la autodeterminazione dei popoli, è oggi più attuale che mai.