La Capitaneria di Porto di Barcellona ha negato l’autorizzazione a lasciare il porto alla nostra nave, l’Open Arms, che ne aveva fatto richiesta per proseguire le sue missioni di monitoraggio nel Mediterraneo Centrale, considerando le attuali condizioni politiche non sicure e lesive del diritto internazionale.
La Capitaneria di porto di Barcellona ha negato alla nostra imbarcazione, l’Open Arms, il permesso di lasciare il porto per raggiungere il Mediterraneo Centrale. Dichiarando i loro porti chiusi infatti, secondo le autorità portuali spagnole, gli stati membri dell’Unione Europea, nella fattispecie Italia e Malta, violano le convenzioni internazionali che regolano il soccorso in mare e non assicurano alla nostra ONG le necessarie condizioni di sicurezza.
“L’imbarcazione è costretta a rimanere in mare per diversi giorni, attraversando il Mediterraneo, e a sbarcare le persone salvate in un porto molto lontano dal luogo del soccorso”, azione che “viola i procedimenti relativi alle operazioni di salvataggio regolati della normativa internazionale”, dichiara la Spagna.
Per questa ragione, il permesso di lasciare il porto ci viene negato “finché non verrà garantito un accordo di sbarco dei naufraghi con le autorità delle zone Sar competenti (Italia e Malta)”.
Se dunque gli Stati non rispettano i loro obblighi di soccorso, nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita dei naufraghi in mare. Per l’ennesima volta, anziché denunciare la violazione delle convenzioni internazionali, si sceglie di eliminare i testimoni scomodi dei naufragi e di nascondere la verità sulle morti nel Mediterraneo.
Le politiche scellerate dell’Europa continuano a violare i più elementari diritti delle persone, primo tra tutti quello alla vita. Per questo, abbiamo presentato ricorso all’atto di fermo e continueremo a batterci per poter tornare quanto prima a operare in mare.