Gli effetti del decreto Salvini, ormai purtroppo legge, si stanno facendo sempre più devastanti arricchendosi di corollari di crudeltà che mostrano senza più dubbi la “filosofia” pericolosamente disumana che ne è alla base.
E’ di poche ore fa l’appello angosciato, lanciato sui social come un disperato SOS, che comunicava la decisione del Viminale di inviare l’esercito a sgombrare il CARA di Castelnuovo di Porto, uno dei centri rifugiati più grandi e più efficienti d’Italia. In realtà, quando ai social arrivava lo SOS l’azione di deportazione era già in corso.
Il sindaco di Castelnuovo, Comune alle porte di Roma, non si spiega il motivo di una decisione del genere, visto che il CARA in questo paese di circa 9.000 abitanti funzionava perfettamente e avverte che con la sua dismissione “si cancella un’esperienza di integrazione e si perdono cento posti di lavoro.” Infatti la chiusura del centro comporterà anche la perdita di numerosi posti di lavoro per gli operatori attivi nella struttura e quel “prima gli italiani” di cui si riempie la bocca il Ministro degli Interni , in questo caso diventerà un “prima i migranti e subito dopo via gli italiani”, fatto che Castelnuovo di Porto ha capito molto bene e che non ha creato divisione ma solidarietà. Infatti lo slogan scelto dal Comune è “Castelnuovo resta umana e si schiera dalla parte dei rifugiati”.
Undici anni di lavoro, decine di progetti educativi ben riusciti, integrazioni scolastiche e lavorative e collaborazioni con la stessa Prefettura di Roma per la realizzazione di progetti quali il museo di arte e mestieri, corsi di teatro e di fotografia e tanto altro finiranno così. Come finirà l’inserimento scolastico dei bambini, alcuni arrivati alla seconda media, che vengono deportati altrove, senza ancora sapere con esattezza neanche dove.
Cosa c’entra tutto questo con la sicurezza? Con la sicurezza sicuramente non c’entra, ma con la cultura divisiva ed escludente che ha ispirato il decreto che ne porta il nome c’entra e molto, e va a dare un altro calcio a quei valori di solidarietà che sono parte integrante del Diritto universale.
Ieri sera si è svolta una marcia silenziosa e senza simboli di partito. Tutti i partecipanti marciavano in nome del diritto al rispetto di altri umani meno fortunati, senza simboli di partito, certo, ma contro la logica e i frutti del decreto Salvini, ovvero del governo giallo-verde che al momento “guida” l’Italia.
Il sindaco di Castelnuovo, convinto sostenitore del centro rifugiati, davanti a questa improvvisa imposizione del Viminale ha dichiarato “che il problema dell’Italia non sono i migranti, ma le problematiche diffuse ed endemiche che affrontiamo tutti i giorni: disoccupazione, corruzione, mafie, evasione fiscale, una giustizia che non funziona e che non riesce a garantire la certezza della pena, la mancanza di risorse per mettere in sicurezza i territori” e ha espresso la speranza che “la furia del governo nell’affrontare il problema dell’immigrazione” si diriga verso le reali emergenze del paese.
E mentre tutti ancora si interrogavano sui perché, è iniziata la deportazione delle prime decine di ospiti. Per dove? Con esattezza non si sa. Vengono indicate le regioni, ma non altro. E la speranza di chi si sentiva accolto e pronto a una reale integrazione si trasforma in angoscia per un futuro che torna ad essere oscuro. Il Decreto Salvini cancella i permessi di soggiorno umanitari e di conseguenza anche il CARA di Castelnuovo, dove in un percorso di due anni si riusciva a realizzare l’accesso al lavoro, alla scuola e alle prestazioni sociali, finisce in cenere e quelli che erano ospiti diventano “irregolari” buttati per la strada e prossimamente destinati all’espulsione. La loro irregolarità creerà sicurezza forse? Anche un bambino capirebbe che sarà esattamente il contrario, quindi l’obiettivo è altro e purtroppo si fa sempre più forte l’orrendo odore che ricorda periodi bui della storia italiana ed europea.
Quella parte della società civile che mette al primo posto i diritti umani ha ben capito che solo contrastando gli effetti del decreto cosiddetto “sicurezza” e quindi trovando la via legale per non applicarlo si potrà ridurre l’avanzata di una vera e propria emergenza sociale, destinata a sfociare in un sempre più diffuso razzismo e incitamento all’odio verso il più debole, facendo crescere un clima di intolleranza che somiglia spaventosamente al nazismo.
Oggi, mentre i pullman hanno caricato i primi deportati verso un futuro non conosciuto, i giornali democratici e alcune Tv hanno affrontato e gestito la notizia con una certa attenzione, ma già domani o tra una settimana, quando i riflettori saranno spenti, tutto si avvierà verso quella sorta di indifferenza alla routine che farà accettare il male come fatto normale. Ma c’è un compito, da cui la stampa democratica e indipendente non può esimersi, ed è quello di mantenere accesa l’attenzione su fatti aberranti come questo e non lasciare che l’abitudine spenga l’empatia e crei degli indifferenti, non lasciare che vinca la “banalità del male”, facendo ripiombare l’Italia in un clima che sembrava non dovesse più ripetersi.