Erano in migliaia. Nell’inondare, come un fiume in piena, le strade di Belgrado non si sono fatti spaventare dal gelo dell’inverno balcanico . E tanto meno dalla freddura con la quale il presidente Vucic aveva provato a sbeffeggiarli, all’indomani della prima manifestazione: “Non cederà alle pressioni – aveva detto – nemmeno se dovessero scendere nelle strade in cinque milioni…”
Da allora “1 su cinque milioni” è diventato il nome del movimento che da novembre è andato crescendo e che dalla capitale si va propagando ad altre citta serbe…
Alleanza per la Serbia – un cartello composto da una trentina di partiti dell’opposizione – appoggia le proteste, ma gli organizzatori delle manifestazioni che stanno dando una scossa al Paese, rifuggono dalle etichette. E non per snobismo o per seguire i cantori dell’antipolitica. “Il nostro – dicono – è piuttosto un risveglio della società civile, con tanti giovani e gente comune in prima fila: tutti stufi di essere sopraffatti. Di assistere inerti mentre la stampa viene imbavagliata, mentre giorno dopo giorno vengono rotti gli argini posti a difesa della libertà d’espressione. Mentre le ragioni dell’opposizione vengono oscurate, o calpestate. O peggio
Non a caso la miccia delle manifestazioni è ¨ stata accesa lo scorso novembre quando nella città di Krusevac, Borko Stefanovic, esponente dell’opposizione, fu selvaggiamente malmenato. Un pestaggio rimasto senza colpevoli.
Nelle dichiarazioni di un manifestante – raccolte dall’agenzia di stampa Reuters lo scorso sabato – il senso di una protesta che rimanda al cuore di quell’ondata di smarrimento, rabbia, paura che percorre Budapest e Varsavia: “Siamo persone comuni, senza etichette di partito, siamo semplicemente stufi delle bugie che ci vengono propinate. Continuano a parlarci di quello che accade in Kosovo per distrarci battendo la grancassa nazionalista. E tacciono invece sui problemi che toccano le nostre vite”.
Nel mirino c’è il presidente Vucic – già ardente nazionalista, passato poi a posizioni moderate e filo europeiste, e forte di una solidissima maggioranza in Parlamento. Eppure non immune – accusano gli aderenti al movimento “1 su cinque milioni” – di cedere a tentazioni da autocrate. Come se la stampa e le forze dell’opposizione fossero uno scomodo incidente lungo il suo percorso di potere.
L’insofferenza e la frustrazione diffuse hanno cosi generato questa “onda anomala” che vuol far risalire al Paese la corrente di una democrazia piena. Un’onda così forte come non si vedeva in Serbia dai tempi dell’insurrezione popolare contro Slobodan Milosevic nel 2000.
Articolo di Carmela Giglio