“Quando si verificano casi come questi, non possono essere considerati come incidenti, ma crimini ambientali”. È quanto afferma Greenpeace Brasil in riferimento al crollo della diga avvenuto in Brasile, a tre anni di distanza da un precedente disastro. Secondo il WWF il governo brasiliano dovrebbe aumentare i controlli e adottare un rigoroso regime di licenze e controlli. Eppure Bolsonaro sembra aver scelto di seguire tutt’altra direzione.
58 Morti accertati e 305 persone disperse. È questo il bilancio aggiornato della tragedia provocata in Brasile, vicino Brumadinho nello stato di Minais Gerais, dal crollo della diga della società mineraria Vale avvenuto il 25 gennaio.
“Questo nuovo disastro è un triste risultato della lezione non compresa dal governo brasiliano e dalle società minerarie con la tragedia della diga Fundão di Samarco, a Mariana (Minas Gerais), anch’essa gestita da Vale. La prima tragedia dimostra come gli impatti si estendano oltre lo sversamento: influenzano le persone e l’ambiente in vari modi e per anni e anni dopo il crollo”.
È quanto ha affermato Greenpeace Brasil ricordando un altro precedente disastro, ovvero il crollo della diga Fundão di Mariana, nel novembre 2015 provocò un’altra strage e il disastro ambientale del Rio Doce.
“I minerali – spiega l’associazione ambientalista – sono una risorsa limitata che deve essere sfruttata in modo strategico e con un rigoroso regime di licenze e controlli. Il riciclaggio e il riutilizzo devono essere prioritari. Sfortunatamente, i gruppi economici, con una forte lobby tra i parlamentari, insistono nell’allentare le regole del rilascio delle licenze ambientali”. E la situazione non migliora con il nuovo governo Bolsonaro che ha già promosso maggiore flessibilità nel rilascio delle autorizzazioni ambientali.
“Quando si verificano casi come questi, non possono essere considerati come incidenti, ma crimini ambientali derivati dall’avidità e dalla negligenza, che devono essere rigorosamente investigati, puniti e risarciti”, continua Greenpeace Brasil che ricorda che “ad oggi, più di tre anni dopo la frana che ha distrutto il bacino del Rio Doce, le persone colpite non solo stanno ancora battendosi in tribunale per essere adeguatamente compensate e perché l’ecosistema venga ripristinato, ma continuano a risentire di problemi di salute e perdite economiche. La società brasiliana non può continuare a essere danneggiata tragedie come queste”.
Una posizione sostenuta anche da Wwf Brasil che sottolinea che “questa è davvero una tragedia, ma non un incidente. Un disastro di queste proporzioni poteva – e doveva – essere evitato grazie a leggi ambientali che garantiscono la sicurezza delle comunità e della natura”.
Il Wwf Brasil conclude: “Tre anni dopo il disastro di Mariana, delle vite sono state nuovamente perse perché persistiamo nell’errore di non impedire che simili tragedie accadano. Il Brasile deve aumentare i suoi controlli. Dobbiamo rafforzare la strutturazione delle agenzie governative che hanno l’importante compito di sorvegliare le attività ad alto impatto sociale e ambientale”.
Eppure, il governo Bolsonaro sembra stia andando verso tutt’altra direzione.