Lanciamo un appello di impegno civile a difesa della legalità a fronte di una politica senza più legge
Il nuovo anno si apre con 32 persone che, ancora una volta, attendono da molti giorni (tredici, alla data di oggi) di poter sbarcare in un porto sicuro. Al caso della Sea Watch 3 si aggiunge quello della Sea Eye, con 17 persone raccolte lo scorso 29 dicembre.
Da giuristi non possiamo quindi che denunciare, ancora una volta, l’illegittimità di quanto sta, nuovamente, accadendo nel Mediterraneo: il diritto di sbarco in un porto sicuro viene posto in discussione in ogni singolo episodio di salvataggio, senza considerazione alcuna per le norme.
Sono solo gli ultimi casi di uno stillicidio ormai costante in spregio del diritto e fuori da ogni inesistente “invasione”, ammontando gli sbarchi nel 2018 a poco più di 20.000.
Come associazione ribadiamo che:
– il diritto internazionale del mare (Convenzione Sar sulla ricerca e il soccorso in mare ratificata dall’Italia nel 1989; Convenzione Solas sulla salvaguardia della vita umana in mare ratificata dall’Italia nel 1980 e la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, ratificata nel 1994, tra le altre) prevede che gli Stati e, quindi, anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro;
– il rifiuto di consentire lo sbarco, in particolare a persone vulnerabili (donne e bambini, anche piccolissimi) sfuggite a torture e violenze, che oggi si trovano in permanenza prolungata su una nave in condizioni di sovraffollamento e di promiscuità e con bisogno di accesso a cure mediche e a generi di prima necessità viola inoltre le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati, in particolare l’art.2 (diritto alla vita) e l’art.3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo, oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’art.10 c.3 della Costituzione italiana.
Ci riserviamo di supportare e promuovere ogni azione giudiziaria nelle sedi competenti per ingiungere il rispetto del diritto e sanzionare le violazioni in essere e l’indebita strumentalizzazione della situazione di persone vulnerabili al fine di porre in discussione le regole di ripartizione dei richiedenti asilo nell’Unione Europea al di fuori delle sedi proprie.
Pertanto come associazione invitiamo tutti i soggetti istituzionali, al di là della loro competenza, a far sentire la loro voce anche con atti di impegno civile a favore di coloro che sono ostaggio di una politica senza più legge.