“Indra” l’atto unico di Francesco Governa e Ilenia D’Avenia si è aggiudicato il Premio InDivenire 2018 per il miglior progetto e questa è la motivazione della giuria: «Si è imposto all’attenzione unanime dei giurati della Seconda Edizione del Festival InDivenire come un folgorante e felicissimo esordio autoriale e registico caratterizzato da una sorprendente nettezza e pulizia di segno e da una visione già matura della scrittura drammaturgica e della scrittura scenica. Grazie a un efficace e mai compiaciuto uso del dialetto siciliano, Ilenia D’Avenia e Francesco Governa, attraverso una mano ferma anche nella direzione del magnifico cast (all’interno del quale la D’Avenia stessa gioca un ruolo fondamentale) ci conducono con una grazia speciale verso territori dell’anima dove il delicato, qualità rarissima a vedersi sui nostri palcoscenici, va a pungere coi suoi aghi di sofferenza là dove più ci fa male, ma anche là dove siamo ancora disposti a gioire». Inoltre Ilenia D’Avenia e Francesco Governa hanno ricevuto il premio per la Migliore Regia.
Molto bene interpretato da Guido Compagno, Alessia D’Anna, Ilenia D’Avenia, Giulia De Luca, Giuseppe Palazzolo. Assistente alla regia Eugenia Faustini. Con una scenografia minimale, riesce a offrire suggestioni efficaci con luci e musiche: encomiabili il light designer Francesco Bàrbera e il sound designer Armando Girolami. Porta sulla scena elementi di un’antica metafora, tramandataci dalla tradizione buddista, che immagina l’universo come un’enorme rete, quella del Dio Indra, che si estende all’infinito e include ogni aspetto dell’esistenza. Nei punti d’intersezione ha una gemma lucente che riflette ogni altra e senza le altre non può esistere. Rappresenta l’interdipendenza di tutte le cose nell’universo: vale a dire, siamo legati gli uni agli altri, esseri viventi ed elementi. Principio d’interdipendenza che pervade anche gli scritti di Danilo Dolci, che sosteneva come ciascuno fosse “creatura di creature”. Il dramma “Indra”, liberamente ispirato a “Racconti siciliani” di Danilo Dolci, è una riuscita rappresentazione di tale rapporto di reciprocità con il mondo o della sua disunione: atteggiamenti che determinano la fortuna o il fallimento di una vita, quest’ultimo in Indra simboleggiato da un’immaginifica “frana”.
I personaggi di Indra parlano il dialetto siciliano, ma i loro temi sono universali: c’è chi si consuma per mancanza di lavoro e pane; chi mette la sua vita a repentaglio per combattere la mafia; la madre cui il figlio muore per una pozione che doveva essere cura; la donna che narra una vita di sottomissione e attende che la “diga” arrivi. Il riferimento, in tempi in cui l’acqua non è un diritto universale riconosciuto, fa pensare alla diga sul fiume Jato per la quale Dolci lottò con le popolazioni del luogo.) Tessere di un mosaico che riflette problematiche planetarie. Il finale simbolico sembra essere auspicio che l’umanità, denudata di paure e chiusure inservibili, diventi quel corale creativo caro a Dolci, gemma vitale nella rete di Indra.
Articolo di Bruna Alasia