«In regime capitalistico l’automazione industriale e i sistemi informatici hanno un impatto diretto sulle condizioni di lavoro degli operai, intensificando anzitutto il loro sfruttamento». A ricordarlo è ”Piattaforma Comunista” in un editoriale pubblicato sul numero di dicembre del proprio organo di stampa “Scintilla”.
«Un aspetto fondamentale nell’applicazione dei sistemi di “Industria 4.0” è quello di eliminare ogni attività non produttiva di plusvalore. Si satura la capacità produttiva abbattendo pause, ritardi, movimenti inutili, difetti e sprechi, si aumentano carichi e ritmi di lavoro in modo da estrarre plusvalore da ogni movimento e da ogni attimo della giornata lavorativa», proseguono.
Ma la denuncia più inquietante di ”Piattaforma Comunista” nell’articolo è quella dove scrivono del «controllo dei lavoratori, che l’introduzione delle nuove tecnologie ha modificato in profondità, facendo della fabbrica, dei magazzini, dei cantieri, luoghi a controllo totale, permettendo ai padroni la realizzazione di forme di controllo estremamente invasive e personalizzate».
«Rfid, Gps, telefoni aziendali con App, sensori, lettori ottici per codici a barre, badge, microchip (progetto Fincantieri), braccialetti (Amazon) […] non solo consumano l’operaio per valorizzare al massimo il capitale, ma lo controllano da vicino e in tempo reale, momento per momento, generando report, log, video, etc. sulla produttività, le tempistiche e la posizione del lavoratore».
«Questi mezzi del controllo e del comando capitalistico, hanno ricevuto un ulteriore impulso dal Jobs Act di Renzi, che non ha solo abolito la giusta causa nel licenziamento, ma ha modificato la normativa esistente permettendo ai padroni di utilizzare a fini disciplinari, senza alcun accordo sindacale, gli strumenti utilizzati dagli operai per svolgere la prestazione lavorativa (es. smartphone, tablet, personal computer, etc.), oltre alle telecamere e ai sistemi di registrazione di accessi e presenza. Inoltre, le informazioni raccolte da tali strumenti sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (comprese le sanzioni disciplinari), il che nel 99% dei casi avviene senza che al lavoratore venga fornita alcuna informazione e possibilità di difendersi», spiega ”Piattaforma Comunista”.
«Gli operai lavorano in un regime di controllo sempre più opprimente e arbitrario, da caserma. Esso determina fra le altre conseguenze un’usura più veloce della loro forza lavoro, una continua pressione psicofisica, con pesanti condizionamenti, fatica mentale, stress e nuovi problemi di salute. In nome dell’aziendalismo persino la loro vita relazionale viene controllata, dai padroni attraverso App che accedono a dati come foto, documenti, etc. oltre alle telecamere e ai sistemi di registrazione di accessi e presenza. Inoltre, le informazioni raccolte da tali strumenti sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (comprese le sanzioni disciplinari), il che nel 99% dei casi avviene senza che al lavoratore venga fornita alcuna informazione e possibilità di difendersi», spiega ”Piattaforma Comunista”.
«Di fronte agli attentati alla salute e alla personalità degli operai – conclude l’editoriale -, la risposta deve essere dura e immediata, rompendo con gli attendismi e i silenzi omertosi dei sindacalisti complici. […] I sindacati di fabbrica e i delegati RSU non possono tacere o tergiversare su un problema così grave. Vanno spinti alla lotta con l’azione di fronte unico dal basso […]. A ciò va affiancato il rilancio della lotta per una riduzione drastica dell’orario di lavoro, senza decurtazioni salariali e senza aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, per difendere il lavoro dagli attacchi quotidiani del capitale».