Amal Fathy, la donna che aveva criticato in un post le autorità egiziane per non contrastare le molestie sessuali, si è vista confermare il 30 dicembre in appello la condanna a due anni di carcere che le era stata inflitta a settembre.
“La decisione di confermare il verdetto di colpevolezza è un’oltraggiosa ingiustizia. Il fatto che una persona che ha subito molestie sessuali sia punita con due anni di carcere semplicemente per aver raccontato la sua esperienza è profondamente vergognoso. Questa sentenza rappresenta una parodia della giustizia e dovrebbe rimanere come una macchia sulla coscienza delle autorità egiziane“, ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne di Amnesty International sull’Africa del Nord.
“I tempi del verdetto d’appello sono stati particolarmente crudeli, dato che solo pochi giorni fa Amal ha potuto tornare a casa e riabbracciare i suoi cari. Invece di accanirsi contro chi le critica e chi con coraggio esprime liberamente le sue opinioni, le autorità egiziane dovrebbero cancellare immediatamente la condanna di Amal Fathy e annullare tutte le accuse nei suoi confronti“, ha aggiunto Bounaim.
Dall’11 maggio al 27 dicembre Amal Fathy è stata in detenzione preventiva in relazione a un’altra inchiesta nella quale è accusata, tra i vari reati, di “appartenenza a un gruppo terroristico”.
I termini del rilascio condizionale prevedono che Amal Fathy debba trascorrere un’ora alla settimana in una stazione di polizia e non possa lasciare la sua abitazione se non per presentarsi alla polizia o per visite mediche.
Amal Fathy è la moglie di Mohamed Lotfy, già ricercatore di Amnesty International e attuale direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa che fornisce consulenza legale alla famiglia Regeni.