“Non hanno il pane? Che mangino brioches!” avrebbe affermato Maria Antonietta quando il popolo affamato bussava alle porte di Versailles alla vigilia della Rivoluzione. Questa vecchia leggenda celebra il disprezzo per le classi subalterne in rivolta da parte delle élites della storia moderna.
Da qualche settimana i “gilets gialli”stanno bloccando la Francia con posti di blocco nei principali punti di snodo della circolazione stradale in ragione dell’aumento delle accise sui carburanti.
I media si sono appropriati della loro descrizione in maniera sottilmente dispregiativa come delle “teste calde” un po’ come accade coi “black block” per le manifestazioni. La loro composizione politica trasversale è celata da un racconto che li vuole apolitici, spontanei e disorganizzati.
Alcuni media (Pierre Merle nel giornale Le Monde e Zemmour, giornalista conservatore de Le Figaro) associano per le loro caratteristiche il movimento dei “gilets jaunes” alle “jacqueries” del XIV secolo, movimento anti-feudale di riottosi contadini.
Il termine “Jacques” (e “fare il jacques”) nella lingua francese è diventato sinonimo di “rozzo, stupido ed ingenuo”. Così erano dipinte le descrizioni dei protagonisti di questi movimenti fatte dalla nobiltà: agitati da bassi e triviali istinti.
Se i media francesi tendono ad enfatizzare il lato violento di queste manifestazioni e a sospettare (a ragione) l’infiltrazione di elementi di estrema destra, in Italia non si può eludere la loro somiglianza con il movimento dei Forconi che si facevano notare dalla stampa nazionale per le loro rivendicazioni economiche tra il 2012 e il 2013, e che hanno proseguito e ampliato quell’atteggiamento anti-Stato e anti-casta che, da sempre latente nel nostro paese, è riemerso con la Lega degli albori e con il Movimento Cinque Stelle.
L’uso della parola “forcone” nato dall’espressione di uno degli allevatori militante in questo movimento, è stato rilanciato e tamburellato dalla stampa e dalle tv rievocando l’immagine dei “forcaioli”, discreditandone l’immagine come massa popolare indefinita facilmente manipolabile che sferra l’attacco ai forni di manzoniana memoria.
Il linguaggio sovversivo è così monopolizzato dai media tradizionali, prevalentemente orientati verso quello che fino ad ora è stato l’asse liberale Renzusconi o Macron-Repubblicani. Appropriandosi del linguaggio i media così manipolano l’immagine e il carattere politico delle loro azioni, limitandolo alla sfera economica e tendendo a mettergli contro l’opinione pubblica. L’obiettivo è alimentare uno scontro sociale tra coloro che bloccano e coloro che vengono bloccati, piuttosto che tra popolo ed élite.
I media recenti invece, i social invece ancora una volta sono il terreno di coltura di questi movimenti come è già avvenuto in Italia, che si dimostra ancora una volta un laboratorio politico di quanto accade successivamente negli altri paesi.
Nello stivale quest’operazione di manipolazione mediatica è riuscita con la creazione del termine populista che avrebbe voluto screditare le opposizioni politiche.
Ma finché questi movimenti di rivolta (Gilets jaunes o forconi che siano) non si concretizzano politicamente come nel caso dei Cinquestelle, questi mal di pancia popolari durano una breve stagione in balia dell’uso dei media.
Le Pen e Mélenchon, categorizzati come populisti di opposte ideologie, hanno fino ad oggi catalizzato tutte le energie di malcontento della popolazione all’interno di un percorso politico partitico. Tale malcontento sembra ora diventare trasversale e portato avanti da chi in maniera non personalistica si è risvegliato dall’apatia ideologica causata da decenni di governi liberali.
Macron, ai minimi della sua popolarità, ha deciso di discutere con una delegazione dei gilets per trattare sulla questione della tassa sui carburanti. Si è mostrato conciliante con un popolo, quello francese, che ha già fatto la più celebre rivoluzione sulla vicenda delle tasse, se si ricordano le ragioni della convocazione degli Stati Generali.
Ci mancherebbe che il presidente francese, che ha sempre avuto uscite infelici quando si è trovato di fronte persone di carne ed ossa e non capi della finanza, di fronte ad un popolo così orgoglioso ed inferocito per il prezzo del carburante se ne uscisse con un “che vadano in Porsche”!
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