L’Indice Globale della Fame 2018, uno studio realizzato da Concern Worldwide e Welt Hunger Hilfe e curato nella sua versione italiana dall’Ong CESVI, quest’anno sottolinea il nesso tra Fame e Migrazione Forzata.
Lo studio monitora annualmente il livello di sicurezza alimentare e di nutrizione nel mondo e rileva che in 51 Paesi i livelli di fame e malnutrizione sono molto preoccupanti. Globalmente sono 124 milioni le persone che soffrono di fame acuta, mentre 151 milioni di bambini sono affetti da arresto della crescita e 51 milioni da deperimento. Le regioni del mondo più colpite restano l’Asia meridionale e l’Africa a Sud del Sahara. In queste due aree si registrano i più alti tassi di denutrizione della popolazione, arresto di crescita, deperimento e mortalità infantile. Un dato questo che va analizzato anche a partire dalla considerazione che la denutrizione passa di generazione in generazione: una bambina denutrita, quando crescerà e sarà mamma, avrà molte possibilità di dare alla luce un bambino affetto da malnutrizione. Inoltre, non dobbiamo dimenticare come la denutrizione possa diventare una patologia sociale poiché un bambino che nei primi 1000 giorni di vita ha sofferto di malnutrizione acuta, avrà ritardi permanenti nello sviluppo fisico e nell’apprendimento e non diventerà mai un adulto pienamente autonomo. Lo sviluppo di un intero paese e delle sue generazioni future dipende dallo stato di nutrizione dei bambini di oggi.
Il cambiamento climatico, visibile in tutte le regioni del mondo, in Africa Subsahariana sta peggiorando le situazioni di desertificazione e scarsa piovosità, che incidono sulla fame e sulla malnutrizione. Qui si trovano i Paesi con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, a cominciare da Somalia (13,3%), Ciad (12,7%) e Repubblica Centrafricana (12,4%). In questi paesi impattano fortemente anche l’instabilità politica e i conflitti prolungati. A causa di conflitti violenti o disordini politici, per 13 Paesi non è stato possibile raccogliere dati completi per calcolare lo stato di fame e malnutrizione e si sottolinea la forte preoccupazione per paesi dove ormai i conflitti sono endemici e a volte dimenticati: Libia, Siria, Somalia, Eritrea, Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan e Burundi (v. la Mappa dei conflitti nel mondo).
Le crisi alimentari sono la tragica conseguenza di diversi fattori, tra cui i conflitti e gli effetti del cambiamento climatico, ai quali però si aggiungono altre cause, che vanno dagli sfollamenti forzati ai disastri naturali, dalla debole governance agli shock economici, dai cambiamenti demografici all’urbanizzazione. Queste crisi hanno effetti devastanti e hanno causato 50 milioni di sfollati nel solo 2017.
Oggi, ci sono 68,5 milioni di individui in tutto il mondo (UNHCR 2018) in fuga dai conflitti e dagli effetti del cambiamento climatico, alla ricerca di luoghi sicuri in cui vivere. Scappano dalla fame e al tempo stesso, in situazione di migrazione sono più vulnerabili alla fame. L’Indice Globale della Fame ci ricorda inoltre che ipiù importanti campi profughi al mondo ospitano molti più sfollati di quanti non arrivino in Europa. A Bentiu, c’è il più grande campo profughi del Sud Sudan, dove vivono oltre 112.000 persone. Il paese è al quinto anno di un conflitto che ha causato sfollamenti su larga scala, ha provocato livelli elevati di insicurezza alimentare e nutrizionale e ha reso dipendenti dall’assistenza umanitaria 7,1 milioni di persone.
E gli aiuti internazionali? Il rapporto chiarisce come la risposta dell’Unione Europea, anche attraverso l’aiuto umanitario e la cooperazione internazionale, nel 2017 abbia permesso di evitare la carestia nei quattro paesi dichiarati a rischio – Yemen, Somalia, Sud Sudan e Nigeria settentrionale – grazie alla continua presenza di aiuti locali e internazionali anche nei punti più critici.
La fame e la migrazione forzata sono realtà dolorose per milioni di persone. Per di più, la questione dell’immigrazione sta diventando il cavallo di battaglia di una serie di nuovi discorsi politici dalla linea autoritaria, piuttosto che umanitaria. L’Indice Globale della Fame di quest’anno non è solo un nuovo invito ad agire contro la fame e la migrazione forzata, ma un appello urgente a ritrovare l’umanità nel modo in cui affrontiamo la sconvolgente verità che – in un mondo di abbondanza – i diritti umani continuano a essere violati e milioni di persone vanno a letto affamate ogni notte.
Articolo di Lia Curcio