Ancora una volta la manifestazione nazionale di Non Una Di Meno, indetta a Roma in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne celebrata ogni anno il 25 novembre, è stata marea.
Donne da ogni parte di Italia hanno raggiunto la capitale per unirsi, tutte insieme, nel lungo fiume in piena che ha riempito le strade centrali della città da Piazza della Repubblica fino a Piazza San Giovanni.
Sicuramente la manifestazione di quest’anno è molto sentita: negli ultimi mesi si sono susseguiti senza sosta una serie di eventi, di dichiarazioni e di prese di posizione istituzionali che minano profondamente la libertà e la sicurezza di tutte le donne sul territorio italiano.
Uno dei temi più richiamati in questa giornata è indubbiamente il diritto all’aborto. Non è mai stato semplice in Italia ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, dati riportano che circa il 70% dei medici è infatti obiettore di coscienza e in alcune regioni, come il Molise, i dati del 2016 presentavano un’obiezione di coscienza esercitata da più del 93% dei medici[1]. La situazione è però precipitata negli ultimi mesi, da quando un gruppo di parlamentari, tra cui l’ormai tristemente noto Pillon, ha deciso di demolire e svuotare le leggi sull’aborto, sulle unioni civili, sul divorzio fino all’affidamento dei figli in caso di separazione della coppia. Molto sentito anche il tema del razzismo e del distorto concetto di sicurezza che ci viene imposto, basato sulla paura, la diffidenza e l’egoismo. Non esiste femminismo senza antirazzismo e antifascismo perché una società che sia luogo sicuro per tutti non può prescindere da questi principi etici.
A questo contesto istituzionale, deciso a soffocare diritti acquisiti e a fondare uno stato in cui la donna è vulnerabile oggetto della volontà dello Stato e dell’uomo, si aggiunga l’esplosione di violenza di coppia o a sfondo sessuale delle ultime settimane. Secondo i dati Eures in Italia viene uccisa una donna ogni 72 ore, si è inoltre alzata l’età media delle vittime. Nel 72% dei casi la vittima viene uccisa da un parente o da una persona che conosceva. Di queste donne, madri, figlie, sorelle, non si parla quasi mai. Solo i casi più eclatanti per l’efferatezza arrivano agli onori della cronaca. Solo nei casi utili a fini propagandistici si chiede a gran voce giustizia per la vittima. Anche di questo noi donne siamo stanche. Siamo stanche che i nostri corpi, siano essi vivi o morti, siano utilizzati come mezzo spiccio per aizzare le masse, per guadagnare voti e far bella figura. Abbiamo bisogno di diritti assicurati, di una legislazione che sia per la parità di genere e non contro di essa, abbiamo bisogno di un’educazione diversa fin dalle scuole e di un sistema efficiente che ci garantisca piene pari opportunità, abbiamo bisogno di spazi in cui costruire una società diversa.
Oggi, 24 novembre 2018, più di 150.000 persone, donne e uomini di tutte le età, hanno attraversato le vie di Roma per far sapere che le donne non chinano la testa in silenzio, non più.
Qui un breve video della manifestazione nazionale di Non Una di Meno e una galleria fotografica
[1] (Dati Ministero della Salute, aprile 2016)