“Palabra libre”, parola libera, é il nome del primo progetto presentato stamani, nel corso della terza giornata del Forum mondiale sulle violenze urbane e, soprattutto, sull’educazione alla convivenza e alla pace in corso a Madrid.
“IntermediAccion” é il nome dell’associazione per la mediazione sociale e culturale con sede a Toledo che lo ha realizzato. Si tratta di un progetto di trasformazione sociale e personale rivolto agli abitanti del quartiere svolto attraverso l’espressione personale. L’obiettivo del lavoro era quello di «scoprire il potenziale che ha la persona». É stato sviluppato con dei gruppi intergenerazionali, così formati perchè ritenuto più interessante dai promotori perchè arricchisce il risultato dato che ognuno da qualcosa. In estrema sintesi i gruppi creano ed autoproducono dei cortometraggi che raccontano le proprie storie, le proprie esperienze, anche individuando un futuro alle storie contemporanee.
Il seguente video racconta la storia di una bambina:
La particolarità del progetto é il suo inserimento – a volte – dentro il “Plan Local de Inclusión Social” (PLIS) del municipio di Toledo e che consente la concessione, a ciascun individuo incluso nella sperimentazione artistica, di un sostegno economico personale di circa 270 euro al mese in cambio d’un impegno di 4-5 ore al giorno per l’intera settimana.
Il Bronx o un quartiere della civile Madrid?
Restando in tema di sviluppo della qualità di vita dei quartieri, l’associazione “Vive tu Barrio” ha presentato, con umiltà e dignità, il lavoro che svolge per aumentare la coesione tra le famiglie abitanti in alcuni casermoni abbandonati dell’area Plata y Castañar y Torres ai margini del quartiere Villaverde Alto, a sud di Madrid: «le vicine e i vicini sono protagonisti» con incontri vicinali, feste, piccoli eventi sportivi, proiezioni di film, laboratori. Sulla pagina Facebook di “Vive tu Barrio” una carrellata delle locandine delle attivita svolte.
Sono invisibili e vogliono diventare visibili, promuovono la partecipazione, la convivenza e l’impegno per migliorare il quartiere.
Differentemente da altre attività analoghe, questa associazione é condotta dagli adulti e dagli anziani del quartiere. Antonio, il presidente dell’associazione, detta il motto del gruppo: «persistere, insistere, resistere»!
Loro vogliono trasformare in positivo una realtà decisamente brutta. Basta vedere una foto del quartiere postata sempre sul sociale network. Loro hanno anche delle rivendicazioni politiche: chiedono all’Amministrazione sicurezza, pulizia, impegno contro il machismo, infrastrutture, manutenzione dei loro mini-alloggi. L’Amministrazione, presente al Matadero, promette che verrà alle riunioni dell’associazione ad ascoltarli. Gli porgo i miei sinceri auguri.
I Gitani chiedono rispetto ed investono in comunicazione
Ben altro peso ha mostrato di possedere la “Fundacion Secretariado Gitano”.
Fermo restando i problemi strutturali, economici, formativi, del popolo gitano, la Fondazione punta la propria attività sul curare l’immagine dei gitani, al fine di ridurre le discriminazioni che subiscono in tutti gli ambiti.
«Chi discrimina – hanno spiegato -, chi lancia un messaggio di odio, non lo manda alla persona ma all’intera Comunità di cui questa fa parte». Loro ci tengono a sottolineare come sia «una barberie quando si dice che tutti i gitani sono ladri» o come sia solo un luogo comune asserire “sono così perche non si integrano”. Il loro osservatorio monitora giornali, l’area dei commenti dei giornali, i siti web, le pagine facebook e intervengono, prima con una “mediazione” per far cancellare i messaggi poi, se necessario, con una denuncia alle forze dell’ordine, contro i messaggi di odio o minaccia rilevati.
Ma la loro cura dell’immagine quella che desidero sottolineare. Essa avviene con la realizzazione di un sito web specifico che raccoglie le loro campagne, “Senzibilizzazione Gitana”, di video professionali postati sul loro canale YouTube (2.900 iscritti), con un giornale, cartaceo e online, che ha provato a rompere con l’ironia gli stereotipi attorno a loro. Il giornale si chiama “Payo Today”. Di seguido il video che riassunta l’annata del giornale.
Con la campagna del 2016 “El Tatuaje que más duele” (il tatuaggio che mi duole) hanno mostrato una ragazza gitana che si tatuava sulla spalla “Soy gitana, no soy di fidar” (Io sono zingara, non sono degna di fiducia), ottenendo tanta visibilità: l’hashtag #ElTatuajeQueMásDuele ha raccolto su Twitter 46 milioni di visualizzazioni. In breve, l’immediata solidarietà di attori, musicisti, giornalisti, scrittori, politici, magistrati e delle televisioni nazionali.
Con “La Leonor real y otros niños reales” (2015) la Fondazione fa conoscere i propri bambini gitani, reali ed eguali agli altri. Non credi abbiano ragione?