C’è il Comando Jungla dietro alla morte di Camilo Catrillanca, giovane mapuche di 24 anni ucciso nella comunità di Temucuicui lo scorso 14 novembre in circostanze poco chiare (per il governo), ma in realtà fin troppo evidenti per tutti coloro che hanno a cuore la verità e la giustizia.
Il Comando Jungla è un gruppo composto da carabineros scelti, addestrati in Colombia e inviati in maniera provocatoria dal governo di Sebastián Piñera nella Araucanía, una zona del territorio cileno dove maggiore è il conflitto sociale tra lo Stato e i mapuche. Gli effetti della repressione si sono visti subito. La versione ufficiale parla di uno scontro di tra mapuche e polizia. La parola enfrentamiento è stata utilizzata più volte proprio per evitare che si pensi all’uccisione di Camilo a sangue freddo. Per questo motivo, dalla Moneda, si parla di un gruppo di incappucciati mapuche che avrebbe rubato tre automobili a docenti della Escuela Santa Rosa de Ancapi Ñancucheo, nel municipio di Ercilla. Gli uomini del Comando Jungla, nel tentativo di ristabilire l’ordine, recuperando due dei tre veicoli, hanno sparato due colpi di pistola alla testa di Camilo Catrillanca uccidendolo. Fin qui la fonte governativa, che giustifica l’azione dei carabineros nel contesto di uno scontro.
Tuttavia, la morte del nipote di Juan Catrillanca, lonko di un’altra comunità mapuche della zona, è avvenuta nell’ambito di un vero e proprio assalto contro la gente di Temucuicui, che si trovava già in stato d’assedio a causa della presenza di un nutrito gruppo di carabineros. A testimoniarlo, numerosi video che evidenziano la presenza di circa duecento uomini armati fino ai denti che si dirigono verso la comunità di Temucuicui protetti da blindati e da due elicotteri che sorvolavano sull’intera zona. L’offensiva militare si è abbattuta come una furia contro una comunità disarmata, nonostante il numero uno dei carabineros, Hermes Soto, insista nel parlare di un assalto militare alla Escuela Santa Rosa. Luis Mayol intendente della Araucanía (massima autorità regionale), si è subito accodato a Soto, ma in realtà Catrillanca, al momento dell’attacco dei carabineros, si trovava in campagna per accudire i suoi animali. Era su un trattore assieme ad un altro giovane, minore di età e rimasto gravemente ferito nella sparatoria, quando si è accorto dell’avanzata dei carabineros. Non appena Camilo ha capito cosa stava accadendo, non appena ha cercato di tornare indietro, è stato colpito alla nuca da almeno due proiettili.
Ancora Mayol, poco dopo l’omicidio del giovane, ha cercato di farlo passare come delinquente sostenendo che avesse precedenti per furto e ricettazione di auto. In realtà Camilo non ha mai avuto a suo carico alcuna denuncia, se non un arresto avvenuto nel 2013, insieme a gran parte della comunità di Temucuicui, per il quale poi furono tutti assolti. Figlio del presidente della comunità “Ignacio Queipul Millanao”, Camilo era stato tra i promotori della mobilitazione studentesca che nell’agosto del 2011 portò all’occupazione del municipio di Ercilla. La sinistra del Frente Amplio ha già chiesto le dimissioni di Mayol, ma soprattutto esige spiegazioni da parte del presidente Piñera e del suo ministro dell’Interno (o dell’inferno?) Andrés Chadwick, oltre alla sospensione delle operazioni del Comando Jungla in territorio mapuche. Nel frattempo, nelle comunità sono stati proclamati tre giorni di mobilitazione: si chiede verità e giustizia per Camilo, ma soprattutto la cancellazione della Ley Antiterrorista, risalente all’epoca di Pinochet e che è applicata quasi esclusivamente contro i mapuche.
Inoltre, Catrillanca non è il primo giovane ad essere ucciso dalla polizia. Prima di lui a cadere sotto i proiettili dei carabineros in Araucanía sono stati Alex Lemún (nel 2002), Matías Catrileo (nel 2008) e Jaime Mendoza Collío (nel 2009). Anche in quel caso lo Stato cileno se ne lavò le mani, assecondando la versione dei carabineros che parlarono di enfrentamientos e di legittima difesa. La morte di Camilo si è divulgata rapidamente fuori dal Cile. L’ex gesuita Luis García Huidobro, storico sostenitore della causa mapuche, ha definito Catrillanca “vittima di questa democrazia che assassina i mapuche in lotta per difendere la propria terra”. Il conflitto tra i mapuche ed uno Stato che, aldilà del colore politico del presidente di turno, ha sempre sostenuto le multinazionali legate alla costruzione delle centrali idroelettriche, al disboscamento e al furto della terra per imporre la monocoltura della soia, si protrae da decenni.
Erika Guevara Rosas, portavoce per le Americhe di Amnesty International, ha accusato lo Stato cileno di aver provocato la morte di Camilo tramite il dispiegamento del Comando Jungla, che è stato addestrato, ha ricordato il senatore Francisco Huenchumilla, in un paese come la Colombia, dove sono presenti narcotraffico, terrorismo ed una guerra interna a bassa intensità mai terminata. Del resto, i mapuche hanno sempre dovuto far fronte alla criminalizzazione dello Stato e lo stesso Comando Jungla era stato inviato in Araucanía per combattere il terrorismo presente nella zona, dando così implicitamente dei terroristi agli stessi mapuche.
L’uccisione di Camilo è la cronaca di una morte annunciata in un municipio, quello di Ercilla, sottoposto ad uno stato d’assedio permanente. Tutti sanno chi è Stato.