In occasione della Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, l’IRA Mauritania-Belgio invita la comunità internazionale a prendere coscienza di questa realtà, oscurata dalle autorità mauritane, che continuano a parlare di “conseguenze” della schiavitù che ora persisterebbero solo nelle campagne.
Questa giornata internazionale commemora l’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2 dicembre 1949, della Convenzione per la repressione e la punizione della tratta di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui.
Se l’UNICEF, Oxfam, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e il Comitato Internazionale della Croce Rossa denunciano il lavoro forzato di quasi 10 milioni di bambini in tutto il mondo e il reclutamento di bambini nei conflitti armati…
Se la schiavitù sessuale è una tragedia per tutte le donne candidate all’immigrazione clandestina…
Se le rivelazioni della CNN sull’esistenza di mercati di schiavi in Libia, dove vengono venduti i migranti, hanno commosso l’opinione pubblica…
Esiste un tabù su una forma di schiavitù particolarmente infame di cui nessuno parla: la schiavitù per via discendente, pratica che è ancora comune in Mauritania. Un rigido sistema di caste governa la società mauritana in cui le famiglie di schiavi al servizio dei padroni hanno un destino determinato per tutte le generazioni successive.
In Mauritania, si nasce schiavo o padrone.
Circostanza aggravante: versioni devianti dell’Islam del IX secolo sono il fondamento della religione promossa e insegnata in Mauritania. Questi codici legalizzano il destino dello schiavo che non può sfuggire al suo status senza essere escluso dal Paradiso.
La Repubblica islamica di Mauritania continua a stabilire il primato dell’Islam sulla legge.
Dalla sua indipendenza nel 1960, la Mauritania ha abolito per tre volte la schiavitù: nel 1981, nel 2007 criminalizzandola, e nel 2015 dichiarandola crimine contro l’umanità. Ma queste leggi sono solo una cortina fumogena per rassicurare la comunità internazionale. L’articolo 2 di questa legge del 2015 precisa che “la schiavitù comprende qualsiasi atto di cattura, acquisizione o trasferimento di un individuo al fine di ridurlo in schiavitù, venderlo o scambiarlo”. Nessun riferimento alla schiavitù per discesa che interesserebbe fino al 20% della popolazione. Dal 1981, solo 3 processi per schiavitù si sono svolti e hanno portato – per un caso – a soli 3 mesi di prigione, mentre la legge richiede 20 anni. Ciò attesta la compiacenza dei giudici che sono soggetti al sistema sociale tradizionale.
Il movimento abolizionista denuncia anche i recenti accordi di riammissione firmati tra Belgio e Mauritania, che permetteranno di rimandare indietro le persone che sono fuggite dal paese per sfuggire alla schiavitù.
Non dimentichiamoci!
La repressione dei militanti abolizionisti dell’IRA in Mauritania e la detenzione preventiva del presidente Biram Dah Abeid negli ultimi quattro mesi dimostrano, se sia ancora necessario, che la Repubblica islamica di Mauritania persiste nella sua visione di uno Stato in cui la dignità dei suoi cittadini è soggetta ad una discriminazione atavica, giustificata tramte una religione distorta.
Mentre l’Unione Europea è il principale partner economico della Mauritania e collabora nella lotta al terrorismo, queste posizioni dimostrano che il paese è il terreno fertile per il pericoloso oscurantismo islamista.
Nel XXI secolo, tut non dovrebbe più esistere nessuna forma di schiavitù. Men che meno una schiavitù ereditaria.
IRA Mauritania in Belgio.
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