Il 21 di ottobre a partire dalle 9 con raduno a Gesturi si svolgerà la Marcia per la Pace che si concluderà a Laconi nel pomeriggio.
La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere:
in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati
(Antonio Gramsci – 1930).
In Europa e nel nostro paese una parte importante della società, invece che aprirsi al diverso, assume un atteggiamento difensivo nei suoi confronti e tende a ghettizzarlo, frenando i processi di integrazione, mantenendo disuguaglianze di opportunità e di ricchezze che anzi stanno crescendo, riproponendo muri e barriere. Si consolida l’idea dello straniero-nemico, sul quale una campagna falsa, ma ben orchestrata, ha riversato la responsabilità di molti dei mali che affliggono la nostra comunità nazionale e quella europea e ne fa discendere l’incitamento a difendersi con ogni mezzo, anche sacrificando principi e valori ed alimentando un terreno fertile per fenomeni di xenofobia, razzismo e violenza.
Assistiamo alla compressione dei diritti umani fondamentali ed alla militarizzazione dei rapporti internazionali, nonostante le comuni e crescenti emergenze mondiali, come quella climatica o quella della fame, reclamino un approccio pacifico e solidale. Siamo di fronte ad un capovolgimento della ragione e della politica: la difesa degli interessi di parte primeggia sugli interessi di tutti; si rimuove il primato dei diritti e delle libertà inderogabili, per fare spazio ad un pragmatismo che giustifica e sopporta violazioni del diritto umanitario ed internazionale, in funzione di interessi particolari, con il rischio crescente di una criminalizzazione della solidarietà.
La risposta di molti governi alla crisi appare orientata a rafforzare un approccio ai problemi di tipo militare: infatti, negli ultimi dieci anni le spese mondiali per armamenti sono aumentate del 70% e l’export globale di armi è cresciuto.
Anche l’Italia si muove in tal senso, dotandosi di nuovi sistemi d’arma d’attacco, rifiutando di partecipare ai negoziati dell’ONU che hanno portato al bando delle armi nucleari nel luglio scorso, esportando armamenti nei paesi dell’area “calda” del Nord Africa e anche del Medio Oriente. A questo riguardo occorre denunciare che i nostri governi si sono posti e si pongono in aperta violazione dei principi costituzionali non rispettando la legge 185/90, autorizzando
l’esportazione di armi, prodotte anche in Sardegna, verso l’Arabia Saudita, che le usa attivamente nella guerra yemenita; e che il nostro paese si distingue in Europa ponendosi in contrasto con le risoluzioni di condanna del Parlamento europeo e di molti altri paesi per la strage di civili e di bambini che avviene nello Yemen. E non si può sottacere che l’irrisolta questione palestinese costituisce un ingombrante macigno sulla via della giustizia internazionale senza la quale non può esistere un mondo di pace.
I recenti episodi – come la chiusura dei porti alle navi delle ONG che salvavano vite nel Mediterraneo, l’incontro tra Salvini e Orban a Milano, il funerale fascista a Sassari, l’imperversare nei media e sui social di un linguaggio e un predicato che incita all’odio e alla violenza, che vigliaccamente si è già più volte concretizzata, anche in forma assassina, ai danni di migranti – hanno suscitato una forte reazione di dissenso, dimostrando che c’è una società aperta e solidale, disponibile all’accoglienza, pronta a manifestare democraticamente per riaffermare che non ci sta e che scende spontaneamente in piazza per affermare i propri valori.
In Sardegna permangono condizioni generali di forte crisi che richiedono un serio e condiviso piano di sviluppo che sappia coniugare l’incremento delle risorse disponibili con il diritto al lavoro, con l’espansione delle politiche d’inclusione sociale e con il rispetto e la tutela dell’ambiente e della dignità dei lavoratori. Inoltre, non si è ancora risolta la vergognosa sproporzione di territorio sardo ceduto alle basi e ai poligoni militari, che rappresenta quasi due terzi di tutte le servitù nazionali, con la conseguente sottrazione di vaste zone di terra e di mare all’economia civile.
Vogliamo che la Sardegna possa scegliere il proprio modello di sviluppo, pacifico e rispettoso dei diritti dell’uomo e dell’ambiente; vogliamo che la nostra sia una terra di accoglienza in un Mediterraneo di pace, dove chi fugge da guerre e carestie possa trovare la realizzazione di una vita dignitosa, in armonia e fratellanza con i sardi.
Anche quest’anno marceremo tra Gesturi e Laconi: lo faremo il 21 ottobre per levare la nostra protesta e ribadire il nostro impegno per lo sviluppo della Sardegna nel segno della pace e della solidarietà.
Coordinamento Tavola Sarda della Pace