A Sedhiou fanno festa per una bottega dai muri scrostati, appena dipinta d’arancione. Sembra un negozietto di telefonia ma l’insegna in alto spiega che non è così: è la ‘Boutique de droit’, la bottega dei diritti, da oggi aperta a tutti.
Per l’inaugurazione, in questa cittadina del sud del Senegal, sono arrivati il governatore del distretto, i dirigenti del ministero della Donna e i rappresentanti dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) che sostiene e finanzia il progetto. Al microfono dicono che, dopo Koalack, Kolda, Pikine e Thies, anche Sedhiou potrà contare su un servizio di aiuto per chi ha meno difese. “La Boutique de droit offrirà consulenze psicologiche, mediche e legali gratis” spiega Josephine Ndao, dell’Association des juristes senegalaises (Ajs). “Vogliamo sostenere anzitutto le donne e le ragazze vittime di discriminazioni e di violenze: quasi sempre non hanno né i mezzi né le informazioni necessarie per rivolgersi a un tribunale”.
La prima Boutique è stata inaugurata nel quadro del Plan Sénégal Emergent, un’iniziativa del governo che promette non solo investimenti dall’estero e nuove infrastrutture ma anche diritti e parità di genere. Da Koalack a Thies, lo scorso anno le consulenze sono state 2.157, nell’88 per cento dei casi richieste da donne. Vittime di violenza, dipendenti economicamente, spinte al silenzio dal peso della tradizione e dalle loro stesse famiglie, mogli e madri stanno trovando sostegno e coraggio. “La Boutique interviene su casi di stupro e violenza o in contenziosi su successioni, matrimoni e lavoro” sottolinea Ndao. “Sempre più denunce riguardano però la proprietà della terra, che la legge riconosce come diritto di tutti ma che di fatto è concessa solo agli uomini, riconosciuti come ‘capi’ dal Codice di famiglia”.
A Sedhiou, in una regione che vive solo di riso e anacardi, le ingiustizie fanno ancora più male. “Gli uomini possiedono la terra ma poi non la coltivano” accusa l’attivista Khady Mané, ex deputata del Parti Socialiste, in prima fila all’inaugurazione della Boutique. “La proprietà invece deve essere di chi vuole lavorare: dobbiamo rimboccarci le maniche e lottare per ciò che ci spetta”.
L’assunto è che il problema sia soprattutto culturale e che, allora, sia necessario informare e sensibilizzare. “Sentiamo ogni giorno storie di donne ripudiate, private dei diritti di successione riconosciuti dalla legge e abbandonate in povertà” riprende Ndao, dell’Association des juristes sénégalaises: “Il problema va al di là della tradizione islamica, ancora radicata, che stabilisce come l’eredità alle mogli vada sempre divisa a metà”. E le donne di Sedhiou, cosa si aspettano dalla Boutique? “Un aiuto per trovare la forza di denunciare” risponde Ami Sall, 30 anni, quattro figli a carico e neanche una casa: “Se padri e mariti se ne infischiano dei loro doveri è giusto che ne rendano conto”.
Reportage di Vincenzo Giardina