I movimenti né di destra né sinistra e le terze vie si sono già presentati nella storia e si sono comportati sempre nel seguente modo. Hanno rivendicato insieme ad istanze popolari rivoluzionarie, nozioni ed idee fortemente identitarie e nazionaliste, contro i poteri forti dell’economia mondiale per poi piegarsi alle loro logiche.
“Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente” disse Mussolini nella dichiarazione di guerra del 10 Giugno 1940, mentre Hitler lo chiamava complotto giudaico-bolscevico, qualcun altro li chiama i poteri forti dell’Europa e delle banche.
Basta leggere il programma del Sansepolcro (1) con cui nascono i Fasci di Combattimento da cui nacque il Fascismo dei primi anni Venti, e rimembrare le intenzioni rivoluzionarie anti-borghesi delle sezioni delle SA di Röhm durante l’ascesa di Hitler dei primi anni Trenta, per accorgersi che il nazifascismo degli inizi univa elementi socialisti, anti-capitalisti ad elementi nazionalisti, sia di destra che di sinistra.
Nel passaggio da movimento politico a regime partitico di massa, il finanziamento e l’endorsement dei gruppi di interessi industriali e finanziari conservatori dell’epoca, hanno eliminato gli elementi socialisti per addomesticare e rendere questi movimenti, inizialmente ambigui, completamente reazionari ed anticomunisti.
Ricapitolando, dal mix di elementi anticapitalisti, socialisteggianti, nazionalisti di partenza, ne è venuto fuori un capitalismo nazionalista.
Tradendo una parte dei loro entusiasti e trasversali sostenitori degli inizi e sfruttandone entusiasmo e consenso, i nazifascisti, con i dovuti distinguo, furono continuatori del gruppo dirigente precedente, pur trasformando profondamente la cultura. Il gruppo dirigente precedente si era indebolito per una cattiva politica borghese in difesa del capitalismo liberale, le cui conseguenze dannose derivavano dalla natura contraddittoria e fisiologicamente patologica del capitalismo stesso.
E ne furono continuatori perché sia Hitler che Mussolini, seppur propagandisticamente affermavano la priorità della politica sull’economia e degli interessi dei tedeschi e degli italiani, del wolk, del popolo, sugli interessi economici, in realtà concretamente la loro politica economica fu tendenzialmente a difesa dei grandi gruppi industriali, favorendone la concentrazione e gli interessi.
Soddisfando le brame revansciste di un popolo deluso attraverso la propaganda mantenevano la forma dello stato, e le sue cariche, ma concretamente ne svuotavano le funzioni dello stato di diritto. Come suggerisce Polanyi (2), il fascismo non fu altro che una rivoluzione reazionaria per riformare e proteggere un’economia capitalista al prezzo “dell’estirpazione di tutte le istituzioni democratiche tanto nel campo dell’industria che in quello della politica”. Cambiare tutto per non cambiare nulla.
La destra economica, quella di Salvini, della Thatcher, di Raegan, e non sociale, si è sempre comportata in difesa del capitale e del padrone. Elemento conservatore in economia, elemento nazionale nella propaganda. Manca quel fervore rivoluzionario di partenza, anti-casta, quella delusione ex-comunista degli inizi, quel populismo che ti rende culturalmente egemonico.
“I nostri valori sono quelli di Berlinguer e Almirante” secondo Di Maio. Un movimento politico attuale che mira a superare per brame di consenso, ma anche per caratteristiche sue proprie, la dicotomia destra e sinistra, volendosi collocare al di là, crea un inganno che svela morbidamente le sue essenze nel passaggio da movimento a regime.
I pentastellati, che hanno attirato le simpatie e le speranze di un vero cambiamento, potrebbero diventare una nuova Democrazia Cristiana come lo dimostra l’atteggiamento centrista o equilibrista della sua classe dirigente per qualsiasi vicenda politica, ma non essendo legati ad un territorio politico clientelare ancora ben definito non possono permettersi logiche spartitorie e correntiste.
Inoltre che la loro natura centrista possa godere della longevità della grande “balena bianca”, questo è messo in dubbio da tempi politici in cui, agli occhi degli elettori, scompaiono i caratteri ideologici binari che permettono la strategia dei “due forni”. Sopratutto se uno dei due forni, quello sinistro, si è spento da tempo, al punto tale che Fico appare più all’opposizione di un qualsiasi membro del PD.
Infine poiché la rabbia anti-capitalista fornisce solo il carburante, di questi movimenti fascistoidi, questi smussati nemici dei poteri forti, non potranno andare lontano con una macchina che porta avanti un’ideologia economica che per accontentare tutti, e sopratutto i padroni, alterna nei fatti il liberismo sfrenato salviniano, con il propagandistico atteggiamento anti-mercati a livello europeo ed anti Tav-Tap locale dei 5stelle.
La difesa dei diritti umani e delle minoranze, dei “maipiù” posti dalle Costituzioni e dalle Dichiarazioni Universali del dopoguerra, è lasciata al libero arbitrio di amministratori locali o singoli deputati che, a loro buon cuore, si dichiarano qui anti-fascisti, lì favorevoli all’accoglienza umana, altre volte gayfriendly, ma come linea politica di “contratto di governo” subiscono l’aggressività culturale leghista.
L’assenza di ideologie, a parte quella anti-casta, una volta al potere, e il consenso a tutti i costi, li lascia in balia di chi una posizione, seppur regressiva e reazionaria ce l’ha, rendendosi complici a denti-stretti di tutte quelle politiche che rafforzano la sua posizione e non la loro.
La lotta contro la casta è buona per il taglio ai vitalizi, ma non è la stessa cosa della lotta di classe, contro l’unico vero potere forte, il capitale che desidera solo lo sfruttamento e lo scontro dell’uomo sull’uomo.
(1) http://profonorati.weebly.com/uploads/7/8/4/3/7843915/manifesto_fasci_combattimento.pdf
(2) http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Economia/Karl_Polanyi_La%20grande_trasformazione.HTML