A seguito del Rapporto Speciale del Panel dell’ONU sul Cambio climatico – che ha denunciato che agli attuali ritmi entro il 2030 l’aumento della temperatura media globale sarà superiore agli 1,5 °C ritenuti la soglia massima di sicurezza per avere effetti contenuti e gestibili – l’autorevole Bulletin of the Atomic Scientists ha pubblicato un Dossier di alcuni articoli di esperti i quali hanno … rincarato la dose!
Un primo articolo – dal titolo emblematico “Il Rapporto sul clima sottostima il pericolo”1 – è a firma di Mario Molina, Premio Nobel per la chimica 1995, Veerabhadran Ramanathan, Champion of Earth dell’ONU per il 2013, e Durwood Zaelke, fondatore e presidente del Institute for Governance & Sustainable Development di Washington. La loro critica è che il Rapporto, “per quanto terribile”, trascura un punto cruciale: i feedbacks auto-rinforzanti (self-reinforcing, o semplicemente positivi) e i punti critici che potrebbero causare destabilizzazioni del clima anche maggiori. “Per dirla senza mezzi termini, c’è un pericolo significativo che cicli di feedback (feedback loops) positivi portino il Pianeta nel caos fuori dal controllo umano”. Anche i livelli attuali di inquinamento climatico, se rimarranno fuori controllo, potrebbero portare a un riscaldamento incontrollato.
Sono aspetti che molto modestamente, e certo con minore competenza, avevo messo in rilievo in un mio articolo precedente su Pressenza, di 13 mesi fa, “Considerazioni estemporanee sul cambio climatico”, 11 settembre 2017 (https://www.pressenza.com/it/2017/09/considerazioni-estemporanee-sul-cambio-climatico/).
Finora le temperature medie sono aumentate di 1 grado Celsius al di sopra dei livelli pre-industriali: il 50% in più per raggiungere 1,5 gradi non aumenterebbe semplicemente gli impatti della medesima percentuale, ma rischiano di innescare feedbacks concatenati destabilizzanti per il Pianeta. Questi feedbacks positivi potrebbero spingere il Sistema Terra verso soglie che, se superate, potrebbero impedire la stabilizzazione del clima a temperature intermedie ed aumentare il riscaldamento anche se le emissioni antropiche vengono ridotte: attraversare la soglia causerebbe comunque aumenti della temperatura ancora maggiori e innalzamenti del livello dei mari significativamente superiori a qualunque momento in tutto l’Olocene2 (l’epoca geologica in cui ci troviamo e che ha avuto il suo inizio convenzionalmente circa 11.700 anni fa).
Nel mio articolo di 13 mesi fa chiamavo queste soglie “punti di non ritorno” per cui “anche eliminando la perturbazione il sistema non ritornerebbe mai più nella condizione di partenza”: “per esempio, lo scioglimento dei ghiacci scoprirà il permafrost, il quale scongelerà rilasciando grandi quantitativi di metano, un gas che contribuisce molto più dell’anidride carbonica all’effetto serra3 (cattura almeno 20 volte più calore rispetto ad un importo equivalente di CO2). Analogamente, i ghiacci che ricoprono l’Artico riflettono la radiazione solare molto di più della superficie del mare, più scura, che rimarrà scoperta”. Non dimentichiamo l’inarrestabile perdita di biodiversità (41% di tutte le specie di anfibi e 26% dei mammiferi nella lista delle specie in pericolo di estinzione), la biosfera diventa sempre meno vitale e ospitale: ricordiamo che un recente articolo dell’autorevole rivista PNAS denuncia niente meno che il rischio che sia iniziata la sesta estinzione di massa4. Ricordiamo anche che le api sono minacciate, e con loro la funzione impollinatrice che svolgono.
Insomma, l’ambiente è un sistema estremamente complesso e interconnesso. Il dossier del Bulletin aggiunge altri commenti allarmanti. Per arrestare il riscaldamento globale è altrettanto fondamentale salvare le foreste che ridurre le emissioni5. A questo proposito segnalo l’articolo del supplemento del Manifesto, L’ExtraTerrestre, dell’11 ottobre che denunciava, citando una campagna di Greenpeace, “intere aree delle foreste boreali del nord Europa distrutte per estrarre polpa di cellulosa … per realizzare fazzoletti e altri prodotti di carta usa e getta”6.
D’altra parte, il riscaldamento globale potrebbe causare una “zanzara-pocalisse”7.
Ancora, ricercatori del Laboratorio sull’Impatto Climatico di Chicago hanno messo in luce altri effetti inaspettati8, per esempio un aumento dei suicidi per i danni agricoli, come mostrerebbe uno studio sull’India, o una diminuzione della produttività dai lavoratori con l’aumento delle temperatura.
Un anno fa esprimevo il dubbio personale che la soglia di non ritorno sia già stata superata. Tanto più vale l’allarme drammatico lanciato dal Segretario Generale dell’ONU: “Se non cambieremo strada entro il 2020, rischiamo di superare il punto in cui possiamo evitare che il cambiamento climatico sia incontrollabile, con conseguenze disastrose …”.
Basteranno due anni perché la società umana rinsavisca, e soprattutto perché i sempre più voraci interessi del mondo del profitto e della mercificazione di qualsiasi risorsa scelgano di lasciare la strada ad un futuro per la specie umana?
1 Mario Molina et al., Climate report understates threat, Bulletin of the Atomic Scientists, 9 ottobre 2018, https://thebulletin.org/2018/10/climate-report-understates-threat/.
2 W. Steffen et al., Trajectories of the Earth System in the Anthropocene, PNAS, August 14, 2018,115 (33), 8252-8259, http://www.pnas.org/content/115/33/8252.
3 Fonti geologiche indicano che qualcosa di simile è già successo almeno due volte prima nella storia della Terra. La più recente di queste catastrofi si verificò circa 55 milioni di anni fa in quello che i geologi chiamano il Paleocene-Eocene Thermal Maximum (PETM, Massimo Termale Paleocene Eocene, temperatura media superiore di 8oC a oggi), quando un rilascio di metano provocò un rapido riscaldamento del pianeta perturbando il clima per più di 100.000 anni. [Paleocene 66-56 milioni di anni fa, Eocene 56-33,9]. La catastrofe precedente si verificò 251 milioni di anni fa, alla fine del periodo Permiano, quando una serie di rilasci di metano furono vicini cancellare tutte le forme di vita sulla Terra: più del 94% delle specie marine presenti nei fossili del periodo scomparvero improvvisamente (terza estinzione di massa).
4 G. Ceballos, P. R. Ehrlich & R. Dirzo, Biological annihilation via the ongoing sixth mass extinction signaled by vertebrate population losses and declines, PNAS (Proceedings of theNational Academy of Scienes of the United States of America), 25 luglio 2017, Vol. 114 (30), pp. E6089-E6096, http://www.pnas.org/content/114/30/E6089. Si veda Le Scienze, Sull’orlo della seta estinzione di massa, 11 luglio 2017, http://www.lescienze.it/news/2017/07/11/news/perdita_popolazioni_specie_animali_estinzione-3598235/.
5 O. Milman, Scientists: Saving forests as urgent as reduced carbon emissions, Bulletin of the Atomic Scientists, 4 ottobre 2018, https://thebulletin.org/2018/10/scientists-saving-forests-as-urgent-as-reduced-carbon-emissions/.
6 Marinella Correggia, “La foresta boreale nonm è usa e getta”, L’ExtraTerrestre, 11 ottobre 2018, p. 2.
7 D. Stover, Climate change could bring more “mosquito-pocalypses”, Bulletin of the Atomic Scientists, 3 ottobre 2018, https://thebulletin.org/2018/10/climate-change-could-bring-more-mosquito-pocalypses/.
8 E. Holden, The Climate Impact Lab studies the less-known costs of climate change. Like suicide, Bulletin of the Atomic Scientists, 10 ottobre 2018, https://thebulletin.org/2018/10/the-climate-impact-lab-studies-the-less-known-costs-of-climate-change-like-suicide/.