Immaginate un giocatore di tennis impegnato in un match nel quale agisce anche da arbitro. Ecco la situazione di Brian Kemp, segretario di Stato della Georgia, dove lui è candidato a governatore nell’elezione del prossimo novembre 2018. Come segretario di Stato, Kemp è incaricato di applicare tutte le leggi e regole sulle elezioni. La legge non richiede che lui si dimetta e lui si è rifiutato di farlo nonostante gli ovvi conflitti di interesse.
Il suo lavoro di Segretario di Stato è stato criticato specialmente per alcune leggi troppo restrittive sull’elezione che potrebbero sfociare in non ammissione al voto limitando i diritti dei cittadini di esercitare i loro diritti. Kemp, da segretario si Stato, deve fare applicare una legge chiamata “exact match”, compatibilità esatta della registrazione al voto. Si tratta di una legge adottata nel 2017 dalla legislatura della Georgia che rimpiazzava una precedente perché considerata discriminatoria dal punto di vista razziale.
Anche la nuova legge però contiene simili effetti discriminatori. Per eliminare possibili frodi la documentazione per l’iscrizione ai registri elettorali, obbligatoria in America invece di essere automatica per i cittadini come avviene in Italia e altri Paesi democratici, non può contenere nessunissimo sbaglio. Persino un trattino, una virgola, un apostrofo fuori posto, una minuscola invece di maiuscola potrebbe rendere una richiesta di voto ineleggibile. Questa volta 53mila domande sono state bloccate per questo tipo di errori. Non significa che non potranno essere rimediate ma ovviamente richiede tempo e persistenza da parte dei cittadini.
L’accusa di “soppressione al voto” è stata lanciata anche perché il 70 percento di queste registrazioni potenzialmente illegali appartengono a afro-americani, gruppo etnico che rappresenta solo il 32 percento della popolazione della Georgia. Si crede ovviamente che la stragrande maggioranza di questi elettori potenzialmente esclusi dalle urne voterebbe per Stacey Abrams, la candidata democratica a governatore, avversaria di Kemp.
Il tentativo di ridurre il voto dei gruppi minoritari specialmente nel Sud del Paese è già noto e ce lo conferma la storia. Dopo l’emancipazione degli afro-americani a conclusione della Guerra Civile nel 1865 le leggi locali e statali di Jim Crow continuarono la discriminazione razziale imponendo severi limiti ai diritti civili. Fino agli anni 60, per esempio, un afro-americano aveva bisogno dell’appoggio di un bianco benestante per iscriversi alle liste elettorali dell’Alabama. Il Civil Rights Act del 1964 contribuì notevolmente a ridurre la discriminazione razziale eliminando molti degli ostacoli all’esercizio del voto. Sfortunatamente nel 2013 la Corte Suprema americana ha indebolito i provvedimenti di questa legge citando i progressi già fatti.
La Georgia non è l’unico Stato dominato da legislature repubblicane a cercare di limitare il voto dei gruppi minoritari. Proprio questa settimana la Corte Suprema ha confermato la necessità di limitare i tipi di carta di identità necessari nel North Dakota che devono contenere l’indirizzo preciso del cittadino per potere votare. Per i nativi americani dello Stato che abitano nelle riserve indiane spesso queste informazioni sono difficilissime da ottenere. Cinquemila individui potrebbero perdere il loro diritto al voto. In uno Stato in cui l’attuale senatrice Heidi Heitkamp vinse l’elezione nel 2012 con un margine di 2.936 voti questa “soppressione” potrebbe determinare alcune importanti elezioni.
Il problema con gli indirizzi è stato usato anche alla Prairie View University nel Texas per limitare il voto degli studenti, l’80 per cento dei quali sono afro-americani. I funzionari della Waller County di Houston avevano messo in dubbio l’eleggibilità degli studenti perché usavano uno dei due indirizzi dell’università per registrarsi non possedendone altri. Alla fine, il segretario di Stato del Texas ha dichiarato che gli studenti potevano votare. Il danno però era già stato fatto poiché aveva causato confusione e non pochi studenti saranno stati influenzati a non recarsi alle urne.
La “soppressione” al voto è un’arma dei repubblicani che usano in modo effettivo poiché controllano la legislatura in 32 dei 50 Stati. Le leggi sulle elezioni vengono stabilite in stragrande misura dagli Stati per quanto riguardano le modalità e i requisiti anche per le elezioni federali. Quindi, come Kemp in Georgia, fanno da arbitro in partite in cui sono coinvolti come giocatori. Gli abusi sono abbastanza frequenti e i democratici spesso devono fare ricorso al sistema giudiziario e in alcuni casi si arriva anche alla Corte Suprema. Come si sa, con la conferma di Brett Kavanaugh, anche la Corte Suprema adesso è formata da una maggioranza che pende decisamente a destra.
L’America si considera un Paese democratico per eccellenza ma la strategia repubblicana di sopprimere i voti degli elettori di gruppi minoritari macchia questi ideali democratici.
I cambiamenti demografici con gli aumenti di gruppi minoritari e riduzioni dei bianchi fanno più pressione a creare coalizioni per il successo alle urne. I repubblicani però continuano a tentare di vincere basandosi sulla loro base formata di bianchi e riducendo il voto agli elettori di gruppi minoritari. In un discorso a un gruppo di repubblicani Kemp ha dichiarato che “i democratici stanno registrando un sacco di elettori di gruppi minoritari” che generalmente non votano. “Se vi riescono” ha continuato Kemp, “vinceranno queste elezioni a novembre”. Infatti, nonostante gli sforzi repubblicani di limitare il numero di elettori, i democratici hanno una buona opportunità per frenare non solo questi tentativi di cambiare le regole del gioco con la soppressione al voto ma di frenare il dominio repubblicano il 6 novembre. Gli analisti ci dicono che la Camera bassa andrà a finire nelle mani del Partito Democratico ma il Senato potrebbe rimanere sotto controllo dei repubblicani. Si vedrà se la “blue wave”, l’onda blu dei democratici includerà anche il successo nelle elezioni statali.