La nave Sea-Watch 3 ha lasciato il porto di La Valletta questa mattina alle 7 ora locale. La nave, battente bandiera olandese e perfettamente equipaggiata per operare attività di monitoraggio, ricerca e soccorso, è stata bloccata dallo scorso 2 luglio nel porto di Malta per via di un fermo politico degli assetti civili di salvataggio operato dal governo maltese sotto le pressioni di altri stati membri dell’Unione Europea.
Malta ha avviato indagini sulla registrazione della nave MS Lifeline, della omonima ONG Mission Lifeline, a seguito di uno stallo sullo sbarco di più di 200 migranti salvati dall’ONG e ha bloccato lo stesso giorno tutti gli altri assetti civili di soccorso battenti bandiera olandese basati sull’isola, senza alcun fondamento legale.
Nonostante il risultato positivo dell’indagine operata dallo stato di bandiera abbia chiarito ogni dubbio rispetto alla corretta registrazione, equipaggiamento e relativo uso della Sea-Watch 3, Malta ha trattenuto la nave per oltre tre mesi senza giustificazione alcuna.
“Più di 500 persone sono annegate nel Mediterraneo da quando la nostra nave è illegalmente trattenuta in porto, e sono sicuramente molti di più coloro che sono scomparsi in mare, dal momento che nessuno era lì, a monitorare e salvare le vite in pericolo al confine più letale del mondo”, dice Johannes Bayer, presidente di Sea-Watch.
La Sea-Watch 3 è ora diretta in Spagna per essere sottoposta a regolare manutenzione. Nel periodo di stallo Sea-Watch è riuscita a liberare il suo velivolo di ricognizione aerea, Moonbird, che si è coordinato con la nave Mare Jonio, dell’iniziativa italiana Mediterranea, a cui Sea-Watch ha inoltre fornito il supporto tecnico-operativo e il know-how maturato dall’esperienza di oltre 3 anni di attività SAR.
I nostri operatori hanno inoltre supportato l’operatività dell’aereo Colibrì della ONG francese Pilotes Volontaires. “Siamo pronti a tornare in mare, a essere dove nessuno dovrebbe essere, nel tratto di mare più bello al mondo che si sta inesorabilmente e da troppo tempo trasformando in un cimitero coperto d’acqua salata. Non ci fermiamo: che questo non sia percepito come una sfida o un affronto alle presenti politiche, bensì come un atto di responsabilità civile legato alla difesa dei valori fondanti della nostra società, primo fra tutti il diritto alla vita”, commenta Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch in Italia.