Vincenzo Apicella, Enzo per tutti. Una forza della natura! E’ andato via oggi. E’ arrivata anche per lui la signora con la falce a portarselo via con i suoi 96 anni di carica vitale generosa e irruenta. Amava la vita e amava mostrare questo amore. Purtroppo non potrà disegnare la vignetta della sua partenza, cosa che forse, se lo avesse pensato, l’avrebbe disegnata addirittura ridendo.
Disegnatore da quasi 70 anni, comunista da sempre, “in Italia e all’estero” come mi disse una volta correggendo la mia pronuncia inglese di Bow Church, dove stavo andando, e raccontandomi che mezzo secolo prima aveva avuto un ristorante in quel quartiere di Londra e che in tanti altri aveva lasciato la sua impronta. Era vero. E lui ne era fiero. Veramente era fiero di tutto quello che faceva e che aveva fatto, Enzo. Intorno ai trent’anni era stato co-fondatore di una rivista, “Melodramma”, che aveva avuto vita breve ma che riteneva essere stata molto rilevante. Aveva disegnato per giornali importanti in Gran Bretagna e giustamente se ne gloriava, aggiungendo sempre che lui era comunista e non sopportava le ingiustizie. Per questo lo conobbi, perché non sopportando le ingiustizie non poteva accettare quello che succedeva, e purtroppo succede, in Palestina e così una sera venne a una cena di finanziamento degli Amici della Mezzaluna Rossa che allora presiedevo.
Col suo tono un po’ scanzonato, tipico di un napoletano quale lui era anche se aveva vissuto un po’ ovunque, e con la sua “r” un po’ arrotata alla francese, mi chiese se i soldi raccolti per i bambini resi orfani dall’esercito di occupazione israeliano andavano con certezza a quei bambini. Gli risposi con un sorriso un po’ tirato: “vieni in Palestina con noi e lo vedrai”. E lui venne. Venne con i suoi pastelli perché voleva disegnare ogni cosa. Venne col suo carattere insopportabile di persona insofferente alle regole. Venne e, come diciamo a Roma mi fece “vedere i sorci verdi”! Gliel’ho ricordato due anni fa e lui con una risata mi ha chiesto scusa. Tanto ormai era acqua passata!
Apicella era un uomo esuberante e i suoi novanta e più li portava alla grande, coerente nelle sue idee, generoso, allegro, ma come dice un proverbio arabo “conoscerai una persona solo dopo averci viaggiato insieme” e in quel viaggio lungo tutta la Cisgiordania conobbi un uomo capriccioso oltre che generoso. La sua grande scatola metallica di pastelli l’aveva regalata ai bambini di Atwani, uno dei villaggi continuamente martoriati dai coloni ebrei fuorilegge e poi pretendeva di ritrovarli identici in qualche negozio lungo il percorso del nostro viaggio e si lamentava continuamente per questa impossibilità. Oppure rivendicava il diritto alla laicità alcolica pretendendo di accompagnare maqlubeh o mansaf con una bottiglia della valle della Beqaa anche quando ci si trovava in situazioni in cui il vino era “aram”. Poi per la verità le sue lamentele finivano in una risata e in un racconto, se la situazione lo permetteva, di qualche sua avventura e, avendo già intorno ai 90 di avventure da raccontare ne aveva tante.
L’ultimo giornale per cui disegnò, in Italia, fu Liberazione, l’organo del partito della Rifondazione Comunista ormai chiuso. Ma le sue vignette, sempre di carattere politico, seguitavano ad arrivare quasi ogni giorno. Per alcune di queste qualche anno fa ebbe dei problemi seri. Non per aver dileggiato un presidente USA o un politico italiano, ma per aver criticato in forma amaramente ironica ciò che Israele faceva e fa ai palestinesi. Una prima vignetta che venne scioccamente considerata antisemita fu quella in cui disegnava l’entrata in un villaggio in Palestina passando sotto un arco in cui c’era scritto “la fame rende liberi” con evidente richiamo a ciò che i deportati ebrei (e non solo) avevano subito e che in qualche modo stavano imponendo al popolo palestinese. Apicella non era antisemita così come non lo è la maggior parte di coloro che criticano Israele, ma quella vignetta gli “regalò” centinaia di insulti ai quali normalmente rispondeva a suo modo: una risata e un altro disegno.
Nel 2008, anno chiusosi con l’inizio di uno dei peggiori (non il peggiore) massacri israeliani verso i palestinesi di Gaza, Apicella, prima che il massacro in forma massiccia avesse inizio, usò ancora i suoi pastelli con una satira feroce non tanto verso Israele ma verso tutti coloro che vedevano solo ciò che gli ebrei avevano subito consentendo loro di usare l’olocausto come scudo verso ogni critica e come clava da abbattere contro il popolo palestinese. Fu l’anno in cui uscì un film che commosse molte persone e il cui titolo era “Il bambino col pigiama a righe”. L’irriverente Enzo Apicella disegnò per Liberazione un cartoon dal titolo: “Gaza. Il bambino senza pigiama” e dietro la rete non si vedeva un bambino ebreo con l’uniforme dei campi di concentramento, ma un bambino palestinese scheletrico e nudo. Le critiche di antisemitismo che gli fioccavano addosso non lo toccavano, avrebbe seguitato a usare le sue matite appuntite fino a poco prima della sua ultima partenza e il suo sostegno alla causa palestinese non sarebbe mai venuto meno proprio per quel suo essere contro l’ingiustizia, soprattutto quando questa viene nutrita dalle complicità internazionali che i suoi pastelli non dimenticavano di rappresentare.
Nonostante l’età lo si poteva vedere alle manifestazioni, felice di mostrare il suo supporto alle cause che riteneva giuste. Per la Palestina aveva sostenuto anche i tentativi della freedom flotilla di rompere l’illegale assedio di Gaza e di lui restano molte foto che lo ritraggono energicamente sorridente sperando in un successo della giustizia che purtroppo non è riuscito a vedere.
Apicella era questo. Uno spirito libero, un uomo generoso ma anche capriccioso e difficile, un antifascista, un amante della vita e un grande nemico dell’ingiustizia.