Dal 1992, ogni anno, il 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con l’obiettivo di migliorare la consapevolezza nei confronti delle problematiche relative alla salute mentale e promuovere iniziative a supporto del raggiungimento del benessere psicologico. L’iniziativa è sostenuta dalle Nazioni Unite (WFMH- World Federation for Mental Health).
Non voglio dilungarmi sui dati, peraltro facilmente reperibili, che testimoniano come le patologie psichiche siano in continuo aumento e su quanto siano inadeguate le risorse umane ed economiche messe in campo per affrontare questo problema di salute pubblica.
Colgo invece l’occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale per condividere, in quanto psichiatra, alcuni elementi della mia esperienza umana e professionale.
Dopo diversi anni, in cui ho svolto finora questa funzione, ho accumulato sufficiente esperienza per poter confermare ciò che avevo già osservato e vissuto precedentemente in altri contesti sia sociali che personali: prima di tutto c’è la violenza!
Alla base della stragrande maggioranza delle patologie psichiche c’è un vissuto di violenza subita.
Qualche esempio?
Molte donne che mi hanno chiesto di essere curate sono state vittime, durante il periodo infantile-adolescenziale, di uno o più episodi di violenza sessuale, soprattutto nel contesto familiare.
Sono aumentate le persone che chiedono qualche rimedio per superare un disturbo depressivo sviluppatosi dopo essere state licenziate, spesso per problemi di esubero, o che continuano a lavorare ma che devono subire ogni giorno la violenza del mobbing da parte di datori di lavoro che, non potendo licenziare, sperano di convincerle con questo metodo a licenziarsi.
Sempre più numerosi sono i giovani che sviluppano disturbi di personalità a seguito di violenze fisiche subite da padri spesso anch’essi vittime di analoga violenza da parte di padri altrettanto violenti, in una spirale intergenerazionale che sembra non avere fine.
E continuano ad aumentare i giovani che vanno incontro a veri e propri episodi psicotici, con allucinazioni e deliri, in seguito all’assunzione di sostanze stupefacenti spesso sintetizzate in laboratorio e che vengono vendute, anche a prezzi stracciati, da criminali senza scrupoli in grado di corrompere e assicurarsi, così, di passare inosservati, in un sistema che sarebbe ormai in grado di identificare e bloccare anche una formica nel deserto.
Non sono pochi, poi, i migranti che sono fuggiti dal loro paese dopo aver subito il trauma di aver visto uccidere davanti ai propri occhi i propri genitori, fratelli, sorelle, coniugi o figli. Chiunque svilupperebbe al posto loro un disturbo mentale anche molto grave. Se poi si aggiunge a tutto questo la discriminazione razziale e la chiusura dei paesi a cui chiedono un aiuto, il livello di disperazione raggiunge gradi talmente elevati da rendere altamente probabile il rischio di suicidio.
La psichiatria è sicuramente la branca della medicina che più di ogni altra deve confrontarsi con la violenza. Una violenza di ogni genere, da quella fisica a quella economica, da quella sessuale a quella razziale. Se le risorse messe in campo fossero maggiori rispetto a quelle impiegate attualmente, sicuramente i servizi di salute mentale avrebbero più strumenti ed energie a disposizione per affrontare le conseguenze psichiche della violenza. Ma comunque non basterebbe.
Qui c’è bisogno di una ribellione. La situazione attuale sembra suggerirci che il nostro destino debba essere sempre più dominato dalla violenza. Bisogna avere il coraggio di ribellarsi a questo apparente destino. Il mio stesso lavoro mi impone, se voglio svolgerlo nel migliore dei modi, di trasmettere, a chi si rivolge a me, la necessità di questa ribellione, proprio ai fini della sua salute mentale.
Iniziative come la Giornata Mondiale della Salute Mentale possono essere molto utili. Se diventassero l’occasione per mettere in risalto le conseguenze nefaste sulla salute mentale della violenza a cui quotidianamente è soggetta la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, sarebbe ancora più utile, perché potrebbe mettere in discussione anche tutte le decisioni politiche che favoriscono, direttamente e indirettamente, il dilagare della violenza.
Qui non si tratta soltanto di richiedere più risorse per un importante settore della sanità pubblica. Qui si tratta di dare il proprio contributo affinché, come sono state debellate diverse malattie infettive, venga debellata anche la violenza.