Negli ultimi mesi e giorni in Italia abbiamo assistito ad una sceneggiata politica alquanto deleteria: profughi bloccati in porto su una nave per diversi giorni, bambini stranieri esclusi dalla mensa scolastica, ministri che di fronte ai rilievi europei sulla manovra economica dichiarano “me ne frego” e che alle critiche di autorità indipendenti replicano “si presenti alle elezioni”, testi di legge (forse) manipolati, proposte di condoni e di depenalizzazioni per evasori con sconti fiscali di molto superiori alle imposte pagate dai contribuenti onesti, rovesciamento del criterio di progressività del sistema tributario (chi più ha evaso più risparmia), ecc.
Tutto ciò è in palese contrasto con la Costituzione vigente, che stabilisce il diritto di asilo (art. 10), la protezione dell’infanzia (art. 31), il riconoscimento delle autorità sovranazionali (art. 11), la sostenibilità del debito pubblico (art. 97), il dovere inderogabile di solidarietà (art. 2), l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (art. 3), l’obbligo di pagare le imposte secondo equità (art. 53), il dovere di fedeltà alla Repubblica e l’osservanza della Costituzione (art. 54), ecc.
L’attuale Governo sembra aver perso completamente la bussola di una politica al servizio della comunità, fondata sul rispetto dei diritti umani. Si è scavato un abisso nei confronti dell’idea che la politica sia la forma più alta ed esigente della carità, come ha insegnato il magistero della chiesa cattolica. Purtroppo aveva ragione Platone: “In politica presumiamo che tutti coloro i quali sanno conquistarsi i voti, sappiano anche amministrare uno Stato o una città. Quando siamo ammalati chiamiamo un medico provetto, che dia garanzia di una preparazione specifica e di competenza tecnica. Non ci fidiamo del medico più bello o più eloquente”.
Recenti ricerche hanno mostrato come tra i 14 Paesi più sviluppati del mondo, l’Italia sia al primo posto per tasso d’ignoranza della popolazione. Massimo Gramellini recentemente su La Stampa ha scritto che “la prevalenza del cretino, o comunque del mediocre, raggiunge la sua apoteosi in quella caricatura di democrazia che è diventata la nostra democrazia”. Dobbiamo forse arrenderci di fronte alla banalità del male insito nella delega incondizionata di un popolo incompetente e indifferente? Com’è possibile ritrovare un senso alla partecipazione politica che abbia nel cuore e nella mente il compito di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana (art. 3)?
Oggi occorre riandare alle fonti: ripartire dalla Costituzione e da coloro che ce l’hanno lasciata in eredità come testamento spirituale. Una classe politica che ha servito il Paese davvero “con disciplina e onore” (art. 54). Nelle parole dei Costituenti emerge in modo indelebile il senso della comunità e le indicazioni delle strade da seguire.
Piero Calamandrei, nel suo celebre discorso del 1955, ha esortato gli studenti di una scuola: “voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra, metteteci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto che nessuno di noi nel mondo è solo, che siamo parte di un tutto”. Giuseppe Dossetti, 40 anni dopo, ha aggiunto: “Cercate di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi princìpi fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada. Essa può garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate procedere, e qualunque meta vi prefissiate”.
Per contrastare la deriva del Paese è necessario anzitutto promuovere lo sviluppo della “cultura” (art. 9) e della “scuola” (art. 34). Per questo, come propose Aldo Moro, la Costituzione deve essere insegnata “nella scuola di ogni ordine e grado” (ordine del giorno approvato all’unanimità dall’Assemblea Costituente). La Costituzione rimane la via maestra per formare – come ci ha insegnato don Lorenzo Milani – cittadini sovrani. Perché il contrario del “me ne frego” della politica attuale è sempre il motto della scuola di Barbiana: I care.