“Persone non numeri”. E’ questo il principio essenziale da cui nasce il progetto Missing at the borders con l’obiettivo di dare voce ed espressione al dolore delle famiglie dei migranti deceduti, scomparsi o vittime di scomparsa forzata nel raggiungere l’Europa.
L’iniziativa autofinanziata è promossa da una rete di organizzazioni, attive su entrambe le sponde del Mediterraneo, che hanno unito le forze con le famiglie dei migranti. In prima linea fin dalla nascita del progetto Milano senza frontiere, insieme ad altri soggetti coinvolti nell’opera di sensibilizzazione voluta con Missing at the borders: Como senza frontiere, Palermo senza frontiere, Carovane Migranti, Association des travailleurs Maghrèbins de France, Alarm Phone e Watch the Med.
Uno degli strumenti creati dalla rete per raccontare il triste fenomeno dei “nuovi desaparecidos” è il sito internet www.missingattheborders.org. Da qualche giorno online, il sito dà spazio a numerose storie e testimonianze dei parenti impegnati nella denuncia delle politiche migratorie europee che, non concedendo la possibilità di un ingresso regolare, costringono le persone a rischiare la vita per arrivarci privandole del diritto alla mobilità sancito nell’art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Al momento sul sito sono presenti approfondimenti in relazione al fenomeno dei migranti nelle realtà di Paesi quali Tunisia e Algeria. Particolarmente interessanti e toccanti, le singole testimonianze con video in cui sono intervistate singolarmente le famiglie dei migranti: la loro voce racconta aneddoti, percorsi di vita e scelte fatte trasformando davvero i drammatici “numeri” associati al fenomeno in fatti reali accaduti a queste persone.
Edda Pando di Milano senza frontiere dice: “Anno dopo anno migliaia di persone scompaiono lungo i confini nel corso del loro viaggio migratorio. Si stima che dal 2000 il numero delle vittime abbia superato le 35 mila unità. E nessuno sa quante siano esattamente quelle lungo i percorsi che dall’Africa subsahariana e dal Medioriente portano verso le coste meridionali del Mediterraneo. Quello che Missing at the borders chiede è giustizia, verità e dignità per le famiglie; che si diano risposte concrete su quanto successo ai loro familiari scomparsi, che l’UE cessi di esternalizzare la sorveglianza delle frontiere e che sia garantito a tutti e a tutte la libertà di movimento”.
Alla base del progetto Missing at the borders vi è l’idea che la presenza come soggetto politico dei parenti dei migranti deceduti, scomparsi o vittime di scomparsa forzata sia fondamentale per denunciare e mostrare le conseguenze della criminale politica migratoria europea e dei singoli Stati.
Si parla di nuovi desaparecidos perché, come ha detto Enrico Calamai, ex vice console italiano in Argentina durante gli anni 70, “la desapariciòn è una modalità di sterminio di massa, gestita in modo che l’opinione pubblica non riesca a prenderne coscienza o possa almeno dire di non sapere”. Calamai membro del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, di cui fa parte anche Milano senza frontiere è stato il primo a usare questo termine.
Conclude lo stesso Calamai: “I familiari dei migranti si sono conosciuti cercando i loro figli negli ospedali, nei ministeri, nei commissariati andando a fare denuncia. Ciò che di fondamentale li accomuna è l’aver fatto un salto di coscienza e di conseguenza non accettare che la loro tragedia sia dovuta ma agire per avere giustizia e far sì che, anche grazie alle loro testimonianze, nel futuro episodi simili non si ripetano”.
Nel sito saranno pubblicate ogni mese nuove testimonianze tramite videointerviste realizzate anche grazie a chi vorrà fare una donazione al progetto dalla pagina web che riporta indicazioni e i riferimenti della rete di associazioni.
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COME HA ORIGINE “MISSING AT THE BORDERS”
L’idea di creare la pagina web Missing at the borders ritrova le sue primissime basi nel 2012 quando attivisti di diverse associazioni italiane ed europee, che poi costituiranno l’equipe operativa della pagina, organizzano in Tunisia, dopo la rivoluzione, un workshop nell’ambito di un incontro preparatorio al Foro Sociale Mondiale che si sarebbe svolto nel Paese l’anno successivo. Il workshop è dedicato al tema “Dispersi: azioni di lotta contro la morte e la scomparsa nelle frontiere” e vi partecipano i parenti di alcuni degli oltre cinquecento migranti tunisini scomparsi tra marzo e maggio 2011. E’ la prima volta che il movimento antirazzista europeo e africano si confronta con un nuovo soggetto politico, le famiglie dei migranti dispersi. Queste affermano che se i loro figli hanno preso le “barche della morte” è perché i consolati europei non danno loro il visto per entrare regolarmente in Europa, neanche per turismo.
Due anni dopo, nel 2014, si realizza a Monastir il Foro Sociale Maghreb/Mashreq delle migrazioni in cui gli attivisti della appena fondata rete Milano senza frontiere vengono a conoscenza di un altro gruppo di famiglie algerine i cui figli erano scomparsi nel viaggio verso l’Europa e che nel 2008 avevano costituito il Collectif des Familles de Harragas d Annaba. Nello stesso anno una attivista di Milano senza frontiere va a incontrare questo gruppo.
Nel 2015, nel corso del Foro Sociale Mondiale che avviene per la seconda volta a Tunisi, alcune organizzazioni che poi daranno vita a Missing at the borders (Milano senza frontiere e Carovane Migranti) contribuiscono a organizzare l’incontro “Persone non numeri” nel quale per la prima volta si incontrano le famiglie dei migranti dispersi di vari paesi che raccontano direttamente ciò che hanno vissuto. Partecipano un rappresentante delle famiglie algerine e il loro avvocato, diversi rappresentanti delle famiglie tunisine, uno delle famiglie eritree e una di quelle centroamericane che da tredici anni sono impegnate nella rotta migratoria che dal centroamerica, attraverso il Messico, porta negli Usa per ritrovare i loro figli dispersi.
Nel giugno 2015 la rete Milano senza frontiere inizia la marcia dei nuovi desaparecidos per sensibilizzare la società civile perché prenda coscienza del fatto che i numeri delle vittime annunciati in occasione di naufragi sempre più frequenti, sono relativi a persone, ognuna con la propria storia e con i propri affetti. A questo punto nascono anche le reti Palermo senza frontiere e Como senza frontiere e si realizzano edizioni della Marcia in queste città e anche a Torino, Roma, Messina, Napoli, Strasburgo e Hannover. Ancora oggi l’appuntamento, in cui in un certo luogo a una certa ora i partecipanti camminano in cerchio portando foto di alcuni migranti tunisini e algerini scomparsi durante la traversata del Mediterraneo o vittime di sparizione forzata, si tiene il primo giovedì del mese dalle ore 18:30 alle 19:30 in piazza della Scala. A giugno 2018 la Marcia di Milano ha compiuto tre anni.
A fine del 2016 avviene l’incontro fra Milano senza frontiere, l’Association des travailleurs Maghrèbins de France e il progetto Alarm Phone di Watch the Med, che gestisce una linea telefonica autorganizzata per rifugiati in difficoltà nelle acque del Mar Mediterraneo e informa le guardie costiere delle navi in pericolo, indicando la loro localizzazione. Il progetto Missing at the borders nasce proprio dopo questo incontro