Non c’è soltanto il CETA a richiedere la massima attenzione del governo italiano. La Commissione europea sta infatti portando avanti una pletora di accordi di libero scambio con paesi o blocchi di paesi di tutto il mondo. L’impianto generale è sostanzialmente lo stesso del trattato tossico Ue-Canada, così come i tanti potenziali effetti negativi.
Per offrire un quadro completo ai cittadini e alle istituzioni, la Campagna Stop TTIP Italia lancia oggi «Dalle dichiarazioni ai fatti: perché dobbiamo fermare il CETA e tutti i suoi (brutti) fratelli», il primo rapporto che analizza in dettaglio la logica e gli impatti di ciascun accordo bilaterale nell’agenda dell’Unione europea. Un’agenda che la Commissione intende portare a compimento entro le prossime elezioni, ed è per questo che molti negoziati stanno accelerando il loro iter, senza tener conto delle proteste e delle criticità più volte evidenziate da parti del mondo produttivo e della società civile.
Nel tentativo spasmodico di completare la scacchiera delle liberalizzazioni, Bruxelles rischia di sacrificare standard produttivi, regolamenti e normative che proteggono la salute, la qualità del cibo, l’ambiente e la buona occupazione. Per Stop TTIP Italia si tratta di una deriva inaccettabile, che va bloccata sul nascere con una forte opposizione da parte degli stati membri. L’Italia, a questo proposito, non può permettersi altri scivoloni come il via libera all’accordo Ue-Giappone (JEFTA): il dossier dimostra chiaramente che non esistono differenze sostanziali tra i vari trattati, tutti innervati dalla stessa missione: smantellare qualunque barriera al commercio per consentire a grandi corporation transnazionali di investire senza dover sottostare a quei fastidiosi inciampi che noi chiamiamo diritti o tutele.
A partire da questa nuova ricerca diffusa oggi, la Campagna Stop TTIP Italia chiede quindi la massima attenzione a tutti gli eurodeputati che saranno coinvolti in votazioni sui temi del commercio globale da qui a fine legislatura. Non solo: la stessa attenzione e preoccupazione dovrebbe essere condivisa anche dal governo e dal Parlamento italiano, così da raccogliere il coraggio, negare la ratifica al CETA una volta per tutte e compiere l’impresa cui tutti lavoriamo da tempo: sgretolare l’agenda europea per un commercio senza regole e cambiare l’approccio alla globalizzazione in Occidente.