La mattina di domenica 5 agosto 2018 si è svolta a Viterbo presso il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” una commemorazione delle vittime della bomba atomica che esplose su Hiroshima il 6 agosto 1945.
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L’incontro si è aperto con un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime di Hiroshima, di Nagasaki, di tutte le guerre e di tutte le catastrofi nucleari.
é stato poi letto e commentato il saggio “Tesi sull’età atomica” di Guenther Anders, una delle opere imprescindibili per una coscienza all’altezza della drammatica situazione presente.
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L’incontro è stato concluso dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, che ha raccolto alcuni elementi di riflessione emersi nel corso dell’incontro recandoli a sintesi rievocando le “tre verità di Hiroshima” di un indimenticabile discorso di Ernesto Balducci del 1981, discorso che poi divenne il testo di apertura di un libro che dovrebbe essere strumento di lavoro in tutte le scuole, il libro “La pace. Realismo di un’utopia” che antologizza la riflessione pacifista dal Rinascimento alla fine del Novecento, libro che padre Balducci aveva curato con Lodovico Grassi, recentemente scomparso, altro grande maestro della cultura della pace e dei diritti umani che è stato ricordato con commozione e gratitudine dai partecipanti all’incontro viterbese odierno.
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Scriveva Balducci: “”La prima verità contenuta in quel messaggio è che il genere umano ha un destino unico di vita o di morte. Sul momento fu una verità intuitiva, di natura etica, ma poi, crollata l’immagine eurocentrica della storia, essa si è dispiegata in evidenze di tipo induttivo la cui esposizione più recente e più organica è quella del Rapporto Brandt. L’unità del genere umano è ormai una verità economica. Le interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del pianeta, attentamente esaminate, svelano che non è il Sud a dipendere dal Nord ma è il Nord che dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua economia dello spreco è resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud è sottoposto e poi, più specificamente, perché esiste un nesso causale tra la politica degli armamenti e il persistere, anzi l’aggravarsi, della spaventosa piaga della fame. Pesano ancora nella nostra memoria i 50 milioni di morti dell’ultima guerra, ma cominciano anche a pesarci i morti che la fame sta facendo: 50 milioni, per l’appunto, nel solo anno 1979. E più comincia a pesare il fatto, sempre meglio conosciuto, che la morte per fame non è un prodotto fatale dell’avarizia della natura o dell’ignavia degli uomini, ma il prodotto della struttura economica internazionale che riversa un’immensa quota dei profitti nell’industria delle armi: 450 miliardi di dollari nel suddetto anno 1979 e cioé 10 volte di più del necessario per eliminare la fame nel mondo. Questo ora si sa. Adamo ed Eva ora sanno di essere nudi. Gli uomini e le donne che, fosse pure soltanto come elettori, tengono in piedi questa struttura di violenza, non hanno più la coscienza tranquilla. La seconda verità di Hiroshima è che ormai l’imperativo morale della pace, ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, è arrivato a coincidere con l’istinto di conservazione, il medesimo istinto che veniva indicato come radice inestirpabile dell’aggressività distruttiva. Fino ad oggi è stato un punto fermo che la sfera della morale e quella dell’istinto erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un’ardua disciplina e solo entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la guerra, che la coscienza morale si limitava a deprecare come un malum necessarium. Ma le prospettive attuali della guerra tecnologica sono tali che la voce dell’istinto di conservazione (di cui la paura è un sintomo non ignobile) e la voce della coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai capitato. Anche per questi nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta cambiando di qualità.
La terza verità di Hiroshima è che la guerra è uscita per sempre dalla sfera della razionalità. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in rari casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture dominanti l’hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioé come uno strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per una specie di eterogenesi dei fini – per usare il linguaggio di Benedetto Croce – l’accadimento funesto generava l’avvenimento fausto. Ma ora, nell’ipotesi atomica, l’accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O meglio, l’avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno dell’accadimento”.
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Alla luce di queste indimenticabili riflessioni di padre Balducci, ha concluso il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, si fanno flagranti alcune evidenze che ogni cuore pensante riconosce come verità.
Che ogni politica che non riconosca l’unità del genere umano e il vincolo di solidarietà che collega tutti gli esseri umani, non è una politica, ma una folle barbarie.
Che ogni politica che non riconosca che il primo dovere è cessare di uccidere ed impegnarsi invece con tutte le forze per salvare le vite, non è una politica, ma una folle barbarie.
Che ogni politica che non smilitarizzi e disarmi questo mondo sull’orlo della catastrofe, non è una politica, ma una folle barbarie.
Che ogni politica che non rispetti e difenda la biosfera, il mondo vivente nel suo insieme e negli esseri viventi che ne sono la concreta trama e l’ultima realtà, non è una politica, ma una folle barbarie.
Che ogni politica maschilista, razzista, nazionalista, specista e consumista, che nega l’eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani e il valore della vita e degli esseri viventi, che introduce gerarchie, asservimento, alienazione, oppressione e violenza, che si regge sulla rapina, il divoramento e l’annientamento dei beni, sulla devastazione e la distruzione della vita e del bene comune, non è una politica, ma una folle barbarie.
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Le persone partecipanti all’incontro hanno espresso ancora una volta la richiesta che l’Italia sottoscriva e ratifichi al più presto il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Le persone partecipanti all’incontro hanno espresso ancora una volta la richiesta che l’Italia cessi di sperperare scelleratamente ingentissime risorse per il riarmo e le guerre.
Le persone partecipanti all’incontro hanno espresso ancora una volta la richiesta che l’Italia cessi di essere governata da un folle e criminale regime di persecuzioni razziste, di omissione di soccorso, di violazione della legalità costituzionale: si dimetta il governo della disumanità; siano processati e condannati i ministri responsabili di gravissimi reati.
Le persone partecipanti all’incontro invitano a prendere parte alla marcia Perugia-Assisi del 7 ottobre 2018.
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Siamo una sola umanità in un unico mondo vivente casa comune dell’umanità intera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà.
Salvare le vite è il primo dovere.
Agisci verso le altre persone come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Sii tu l’umanità come dovrebbe essere.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo