« Finché le nostre risorse economiche dipenderanno dal lavoro noi saremo ostaggi di coloro che possono darci il lavoro quando ciò è nei loro interessi e che possono togliercelo dall’oggi al domani secondo la stessa logica ».
Mi sembra un ragionamento logico.
Chiaramente non l’ho elaborato io ma lo scrittore francese Abdennour Bidar che l’ha inserito in un saggio pubblicato lo scorso maggio. Il titolo è chiaro ed eclatante per i tempi in cui viviamo: “Libérons-nous des chaîns du travail et de la consommation” (liberiamoci dalle catene del lavoro e del consumo).
Se ci fosse bisogno, Bidar prova a essere ancora più chiaro: « Noi siamo schiavi del capitalismo mondiale che distribuisce il lavoro secondo un solo obiettivo: il profitto ».
« In tutto il pianeta – prosegue lo scrittore – ci sono miliardi di persone che non hanno alcuna scelta per vivere, o sopravvivere, che accettare la schiavitù del lavoro ».
« La debolezza dei loro guadagni li mantiene e li costringe nella povertà e li obbliga a cumulare i lavori – sovente tre contemporaneamente – pur di non colare a picco ».
Ci sono soluzioni a questo stato di cose? Ci possono essere politiche del lavoro che riequilibrino diritti e produzione? Per l’autore no.
« Durante tutta la seconda metà del XIX secolo, e poi nel XX secolo, gli uomini e i popoli si sono battuti per fare riconoscere e rispettare i diritti dei lavoratori. La sfida era quella di moralizzare il capitalismo – scrive netto Bidar -, di conciliare la legge del profitto e la giustizia. La sfida l’abbiamo persa ».
Dobbiamo allora rassegnarci a queste catene?
Il reddito universale di base incondizionato
Abdennour Bidar prospetta una soluzione, che è poi quella dell’economista britannico Guy Standing ¹, il fondatore di BIEN (Basic Income Earth Network) ²: il “reddito universale di base incondizionato” ³.
Su Pressenza ne ha già scritto Damiano Mazzotti, lo scorso gennaio, presentando il libro “Il reddito di base. Una proposta radicale” (Philippe Van Parijs e Yannick Vanderborght, 2017).
Ma ne riparlo perché il lavoro di Bidar aggiunge nuove riflessioni.
Non si tratta di nulla che assomigli al “reddito di cittadinanza” già annunciato dal Movimento Cinque Stelle. Quello di Guy Standing è universale ed incondizionato (spetta a tutti, non si richiede alcuna prestazione in cambio) e non ha una scadenza (ad esempio 24 mesi, come per il Naspi).
Spiega Guy Standing come, con questo strumento, « si tratta di dare alla gente un vero diritto alla sicurezza finanziaria di base. Questo Reddito Universale riconosciuto a tutti permetterà di coprire i bisogni di base e di poter vivere degnamente. Permetterà, in particolare, ai precari di rinforzare il potere contrattuale di fronte gli imprenditori e alle donne di averlo coi propri mariti ».
Il concetto è stato sottolineato da Vittorio de Filippis su “Liberation” nel 2015. « Questo diritto incondizionato a un Reddito di Base – scrive – permetterà di esercitare ciò che il filosofo politico John Rawls (4) chiamava “le libertà fondamentali”: l’educazione, la cultura, l’alloggio, la salute, la sicurezza ».
Abdennour Bidar non ha dubbi. « La prima cosa che mi ha convinto della giustizia del Reddito Universale è che quasi unanimemente le nostre élite sono contro. Dirigenti politici, giornalisti, intellettuali, padroni, imprenditori. Io ho visto la quasi totalità di questa classe dominante alzare gli occhi al cielo e dire: “Impossibile, come la finanzieremo?” ».
« La seconda cosa che mi ha convinto – scrive ancora l’autore di “Libérons-nous” – è stata una altra obiezione ascoltata anch’essa cento volte. Chi vorrà lavorare? ».
I movimenti per il reddito di base in Europa
Non importano le risposte che si da Abdennour Bidar. Ognuno può, e deve, fare una propria riflessione in merito.
Lo scrittore dedica, nel saggio, spazio anche all’uso del tempo libero da parte dei beneficiari del Reddito Universale e alla necessità di spezzare l’altra nostra seconda catena, il consumismo.
Ma questi sono altri temi, certamente connessi, ma che sfuggono alle riflessioni che ho cercato di ingenerare qui.
In merito al “Reddito” intanto qualcosa si muove in concreto anche vicino a noi. In Francia, ad esempio, nel 2013, è nato il “Movimento per il Reddito di Base” (MFRB) che a lo scopo di promuovere il dibattito pubblico su questo tema.
Proprio il prossimo 17-19 agosto, a Craon, vicino Parigi, si svolgerà un “Campo” di formazione e dibattito (5) .
Ma il tema inizia ad essere affrontato in diversi paesi europei. In Germania (2016, Workshop Umanista), in Inghilterra (2016, Partito Laburista), in Spagna (2014, Movimiento Contra el Paro y la Precariedad – MCPP), e in Svizzera, dove nel 2016 sono sono state raccolte da Daniel Häni e Enno Schmidt 100.000 firme per un referendum propositivo (poi bocciato).
E in Italia?
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note:
¹ – Wikipedia, Guy Standing
² – Basic Income Earth Network (EN)
³ – Wikipedia, Reddito di Base
4 – Lo statunitense John Rawl è autore de “Una teoria della giustizia” (1971), considerata una delle opere di filosofia politica più importanti del Novecento.
5 – MFRB