Armi dotate di intelligenza artificiale capaci di strategie belliche basate su algoritmi. Ma anche ordigni con nuove potenzialità che in un futuro (anche prossimo) potrebbero sfuggire al controllo umano. Non è un film di fantascienza ma lo scenario dei rischi che oggi corre la pace. Se ne è parlato nel seminario “Killer robots: futuro obbligato della guerra?” che si è svolto ieri presso Palazzo Teodoli in piazza del Parlamento a Roma, con la partecipazione di esperti informatici, diplomatici e rappresentanti della Campagna internazionale “Stop Killer Robots”. «Ci troviamo di fronte a nuovi sistemi di armi letali, con prototipi già operativi anche in maniera autonoma in base ad input umani» ha spiegato il professor Maurizio Simoncelli, storico ed esperto di geopolitica, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo che ha promosso l’incontro insieme a Rete Italiana per il Disarmo e Uspid onlus per rilanciare l’impegno contro le armi nucleari, chimiche, di distruzione di massa e ora anche contro gli ordigni intelligenti promossa da 74 organizzazioni in vari Paesi del mondo, mentre ben 26 ne hanno già chiesto la messa al bando.
Sullo scenario internazionale c’è una contrapposizione tra Stati decisamente contrari a queste “super-armi” e quelli che invece ne propongono un uso in qualche modo regolamentato dal diritto internazionale. Anche la società civile internazionale si occupa da tempo della questione, in particolare tramite la Campagna internazionale “Stop Killer Robots” che nell’aprile 2018 ha compiuto cinque anni. Tale mobilitazione segue fin dal principio gli incontri in cui presso la Convenzione sulle armi convenzionali (CCW) ONU, a Ginevra si è discusso delle preoccupazioni sui sistemi di armi autonome. Sempre più emerge la convergenza sulla necessità di norme internazionali a riguardo, in risposta alle preoccupazioni di esperti come Frank Slijper, del Transnational institute Pax- Netherlands. «Se pensiamo ai droni armati e al loro crescente uso nei conflitti, ci rendiamo conto di come la tecnologia ha cambiato e sempre di più sta cambiando il modo di combattere la guerra, ad esempio in Yemen, Pakistan, Senegal» ha detto Slijper che ha continuato: «Questi nuovi strumenti dotati di intelligenza robotica, dovrebbero essere usati secondo una precisa normativa. E invece siamo qui a chiederci se i controllori umani dei robot sono destinati a passare in secondo piano. Oltre quattromila scienziati hanno firmato un documento contro le armi autonome».
Il professor Raul Caruso dell’Università cattolica di Napoli ha messo in luce i cambiamenti bellici introdotti dall’evoluzione tecnologica, con le nuove problematiche che possono crearsi sul piano degli accordi internazionali tra Paesi con sofisticati prodotti bellici di ultima generazione e altri che non ne sono dotati.
E se il robot compie una strage, di chi è la colpa?
Guglielmo Tamburrini, professore del Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione, ha affrontato le grandi domandi di natura etica che accompagnano queste innovazioni. I vari aspetti del problema hanno permesso di mettere in luce l’obiettivo del seminario che è quello di coinvolgere accademia, politica e società civile la questione delle armi completamente autonome, esplorando le possibilità sia di un percorso legislativo a riguardo sia di un rinnovato protagonismo dell’Italia nel dibattito a livello internazionale.
di
, Popoli e MissioneQui l’articolo originale