Gentile Presidente Conte,
i continui e tragici naufragi di queste settimane stanno dimostrando come l’equazione “meno soccorso in mare uguale meno partenze” non sia solo sbagliata, ma soprattutto mortale. Nell’ultimo mese, quasi 1 migrante su 10 ha perso la vita attraversando il Mediterraneo, mentre dall’inizio del 2018 sono già annegate più di 1.000 persone.
Nel mare c’è un incendio e fermare i soccorsi è come togliere i pompieri impegnati a domarlo. Già nei primi mesi del 2015, dopo la chiusura di Mare Nostrum, le morti in mare aumentarono in modo significativo. Proprio allora le ONG scesero in mare per supplire alla colpevole inazione dell’Italia e dell’Europa, che invece di costruire corridoi umanitari e canali di accesso legale hanno preferito giocare con le vite delle persone. Anche trascurando obblighi internazionali in materia di soccorso, diritti umani e protezione dei rifugiati.
Oggi siamo di fronte alla stessa situazione. L’intero sistema di soccorso in mare è stato boicottato: alle navi umanitarie non è praticamente permesso di operare, i mezzi della Guardia Costiera italiana, di Frontex e dell’Operazione Sofia hanno ristretto il loro ambito di intervento o conferito delega completa alle autorità libiche, troppo fragili e con connessioni dirette con la rete dei trafficanti. Restano le navi mercantili, inadatte a compiere operazioni di soccorso. I porti sono stati chiusi, e l’incendio è tornato a divampare, con sacrificio di nuove vite nel Mar Mediterraneo.
A bruciare è anche la Libia, dove con la collaborazione delle autorità italiane la Guardia costiera libica ha riportato con la forza oltre 10 mila persone soltanto nel 2018. Destinazione l’inferno: detenzione arbitraria, torture, stupri e un ciclo di estorsioni che le rende merci nelle mani dei trafficanti. Le loro cicatrici, fisiche e mentali, le vediamo ogni giorno sulle persone che assistiamo in Libia, sulle navi di soccorso e nei nostri progetti in Italia e negli altri paesi di destinazione.
Anche su questo, Presidente, servono parole di verità: considera attendibili i rapporti delle Nazioni Unite e di altri osservatori indipendenti sugli abusi che avvengono in Libia, o crede anche lei alla “retorica della tortura” di cui parla il suo Ministro dell’Interno?
Quanto all’Italia, siamo allarmati dal continuo e ingiustificato accanimento nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Uomini, donne e bambini che avrebbero diritto ad accoglienza e protezione aspettano ancora soluzioni reali, a partire da un più adeguato modello di accoglienza e da serie politiche di integrazione, a livello nazionale, regionale e locale.
Sono poche migliaia. Eppure il suo governo, nonostante la sostanziale riduzione degli arrivi, agita lo spettro di un’invasione che non è mai esistita per chiedere meno salvataggi in mare e meno diritti a terra (si veda la discutibile stretta proposta dal Ministro Salvini sull’istituto della protezione umanitaria). Lo abbiamo sempre detto: nella gestione dei flussi migratori, l’Italia e la Grecia sono state lasciate sole dall’Europa. Ma nessuna controversia politica tra governi può giustificare misure con un costo così insopportabile sulla pelle delle persone e sui valori della nostra società.
Sono un medico e negli ultimi 15 anni ho cercato di “aiutarli a casa loro”. Quasi tutto il 2017 l’ho trascorso in Sud Sudan, dilaniato da una guerra che ha causato 2.485 milioni di rifugiati. Di questi 1 milione sono accolti in Uganda, quasi 800.000 in Sudan e gli altri in Etiopia, Kenya e Repubblica Democratica del Congo. Perché solo una piccolissima parte di chi fugge da guerre, violenze, fame e cambiamenti climatici vuole arrivare in Europa.
La mia storia è quella di migliaia di operatori umanitari, attivisti e volontari che costituiscono una delle risorse più importanti di questo paese. Né eroi, né “vice-scafisti”. La nostra unica scelta è stare dalla parte delle vittime. A terra e in mare, salviamo vite nel rispetto delle leggi. Criminalizzare la solidarietà sulla base di irresponsabili menzogne è inaccettabile: trasmette un messaggio pericoloso, che favorisce un degrado del senso comune, fino a giustificare l’omissione di soccorso.
Caro Presidente, prima che l’incendio diventi indomabile, convochi i suoi ministri, parli con Macron, chiami la Merkel, scriva a Tusk. Lasci perdere porti chiusi, muri e filo spinato. Servono corridoi umanitari, canali di accesso legale e accordi coraggiosi per rafforzare il sistema di ricerca e soccorso in mare e assicurare un’accoglienza condivisa in Italia ed Europa. Sono queste le uniche misure in grado di ridurre le partenze incontrollate e sconfiggere le reti criminali che muovono il traffico di esseri umani.
Fermando, una volte per tutte, la vergognosa strage nel Mediterraneo.
Claudia Lodesani, Presidente MSF Italia