Ben vengano iniziative come quella di domenica a piazza del Popolo a Roma. Ben venga questo “Disability Pride Italia” 2018, dedicato alle persone con disabilità, che ci ricorda come sia un diritto di tutti, nessuno escluso, d’avere le stesse opportunità; e che è un dovere dello Stato, in tutte le sue articolazioni, assicurare che questi diritti non restino mera affermazione di buona coscienza.
Ben venga tutto quello che può servire a una opinione pubblica spesso distratta; mezzi di comunicazione interessati ad altro; istituzioni e politici spesso sordi e indifferenti, quando non ostili. Al Parlamento Europeo (che parrocina l’evento) all’ANCI, e a tutti, però si chiede anche di non farne un appuntamento rituale, la solita “giornata”, poi, “passata la festa, gabbato lo Santo”. Si richiedono interventi concreti, puntuali, costanti. Si chiede che le persone con disabilità e le loro famiglie non siano lasciati soli.
Si chiede che quotidianamente si faccia sentire loro che le istituzioni non sono matrigne insensibili e che si opera perché si crede e si vuole la loro piena inclusione.
I promotori dicono che lo scopo dell’iniziativa “é di affermare ancora una volta che ci siamo e pretendiamo i nostri diritti, troppo spesso calpestati”; l’obiettivo è di accendere i riflettori sulle problematiche riguardanti il mondo della disabilità”; e così sarà per le manifestazioni che si svolgeranno contemporaneamente a New York e a Brighton: condividere una “festa” accessibile e godibile anche da chi, troppo spesso, viene discriminato per la propria condizione”.
L’idea della dimensione della questione viene dai dati Istat 2017: ci dicono che attualmente in Italia vengono erogati 1,5 milioni tra assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità e 3,1 milioni per pensioni di invalidità civile e il nostro è tra gli ultimi in Europa per risorse e servizi. In Italia si spendono 438 euro pro-capite annui, meno della media europea (531 euro), lontanissimi dal Regno Unito (754 euro). Solo la Spagna (395 euro) si colloca più in basso del nostro Paese. Ancora più grande è la sproporzione tra le misure erogate sotto forma di benefici cash, ossia di prestazioni economiche, e quelle in natura, ossia sotto forma di beni e servizi. In quest’ultimo caso il valore pro-capite annuo in Italia non raggiunge i 23 euro, cioè meno di un quinto della spesa media europea (125 euro), un importo lontanissimo dai 251 euro della Germania e pari a meno della metà perfino della spesa rilevata in Spagna (55 euro). L’Italia é indietro anche sul fronte dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: in Francia, dove il 4,6% della popolazione (quota simile a quella italiana) ha un riconoscimento amministrativo della propria condizione di disabilità, si arriva al 36% di occupati tra i 45-64enni disabili; in Italia il tasso si ferma al 18,4% tra i 15-44enni e al 17% tra i 45-64enni.
Ecco perché il Disabily Pride deve essere un impegno costante, quotidiano, diffuso. Ecco perché occorre premere su una classe politica in tutt’altre faccende affaccendata, perché queste tematiche entrino di prepotenza nell’agenda delle priorità’.
Infine, voglio ricordare un nostro compagno, che ci ha dato loto e che ci ha lasciato ormai sei anni fa, Bruno Tescari; tessera radicale da sempre, per quasi quarant’anni militante appassionato e rigoroso delle battaglie per i diritti e le libertà delle persone disabili…senza dimenticarsi mai di quelli dei “normodotati”, come li chiamava spesso.
Dal 1975 era impegnato sui problemi relativi all’handicap, anche perché personalmente colpito dalla poliomielite dall’età di due anni; ha concepito ed elaborato una quantità di proposte normative sia in Parlamento sia in Regione Lazio sia negli Enti locali. Ha fondato e diretto il F.R.I. (Fronte Radicale Invalidi), da lui e lo ricordo impegnato per l’emanazione e l’attuazione del DPR 384/’78 relativo all’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici aperti al pubblico, per il rilascio del “contrassegno” per la libera circolazione degli autoveicoli delle persone non deambulanti…
Militante del “fare” concreto, anche. Non ci pensò due volte, una domenica di anni fa, quando ancora a Roma nessuno si sognava di realizzare “scivoli’ nei marciapiedi. Con altri compagni prese cemento e cazzuola, e ne “costruì” un paio nella centralissima Largo Argentina. Venne denunciato, m il problema da allora si pose. Ecco, sarebbero belli giardini, piazze, luoghi di incontro dedicati ai tanti Luca Coscioni, Bruno Tescari, Piergiorgio Welby che tanto ci hanno dato con loro pensiero e il loro “fare”; cui serbiamo gratitudine e vogliamo non sia smarrito il ricordo.