“La situazione per la popolazione di Hodeida è estremamente difficile: i nostri operatori ci riferiscono che mentre la gente è barricata in casa, spaventata dai boati dei combattimenti, le strade sono piene di rifiuti e sporcizia: tutti vivono nel dilemma di restare in città o fuggire, ma per andare dove?”. Così all’agenzia ‘Dire’ Iolanda Jaquemet, portavoce per il Medio oriente del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr).
Secondo lo staff di Mezzaluna rossa Yemen, con cui Jaquemet è in contatto costante, l’offensiva della coalizione internazionale a guida saudita lanciata mercoledì scorso per strappare il controllo della città portuale di Hodeida ai ribelli houthi ha aumentato l’instabilità in una regione già provata da quattro anni di guerra. “I nostri colleghi hanno trasferito 60 feriti nell’ospedale di Al-Thawrah, da noi supportato”, spiega Jaquemet, “ma il bilancio delle vittime civili potrebbe essere più alto”. In città abitano circa 400mila persone, a cui se ne aggiungono 200mila nelle zone periferiche: “Sappiamo di oltre 500 famiglie, circa 3.500 persone, che sono sfuggite ai combattimenti nelle periferie e ora sono state sistemate in due scuole e in un edificio vuoto. Queste persone si aggiungono a migliaia di altri profughi arrivati in città negli ultimi mesi, perché i combattimenti lungo la costa di Hodeida proseguono da almeno un anno. Tutti vivono in condizioni molto difficili: non hanno acqua potabile, corrente elettrica, bagni o accesso ad altri servizi di base. E i prezzi dei prodotti di prima necessità, come acqua, cibo e carburante, stanno aumentando”.
La crisi a Hodeida non colpisce solo i profughi. “Gli operatori ci raccontano che i funzionari pubblici non ricevono gli stipendi da almeno due anni” dice Jaquemet. “Si tratta di persone da cui spesso dipende la ‘famiglia allargata’, in particolare per chi vive nelle zone rurali. La società yemenita sta subendo un grande impoverimento”.
Secondo la portavoce, “molte famiglie ogni giorno devono scegliere se usare il poco denaro a disposizione per assicurare alla famiglia un pasto oppure comprare l’acqua potabile dalle autobotti o sostenere altre spese impreviste: ad esempio, le cure per un familiare malato o ferito. Con grande stupore i nostri operatori ci riferiscono anche che medici e infermieri locali preferiscono essere pagati con razioni di cibo piuttosto che con il denaro”.
Secondo dati delle Nazioni Unite, in Yemen a causa della guerra, ben 22 su 28 milioni di abitanti – tre persone su quattro – hanno bisogno di assistenza umanitaria o protezione. Altre 18 milioni di persone sono esposte al rischio fame.
La Mezzaluna rossa yemenita può contare su 450 operatori. Nel fine settimana ha messo a disposizione, in collaborazione con altre organizzazioni, cibo e acqua potabile.
Jaquemet conclude con un appello: “Chiediamo che i combattimenti risparmino i civili e gli obiettivi civili, come centrali elettriche, pompe idriche o ospedali, così come previsto dal diritto internazionale. Inoltre l’hub portuale di Hodeida è il polmone commerciale per una vasta porzione del Paese e il principale punto di ingresso per gli aiuti umanitari.
Il 70% del cibo entra da qui”. Bloccarne l’attività, allora, significherebbe acuire l’emergenza umanitaria “ben oltre la città: ne soffriranno milioni di persone in tutto il Paese”.