Nel giugno 2011 abbiamo votato e vinto il referendum per l’acqua bene comune, bloccando le privatizzazioni ed eliminando il profitto.
Da allora sono cambiati tanti governi e tutti hanno ignorato e contraddetto la volontà popolare favorendo di nuovo la privatizzazione del servizio idrico e degli altri servizi pubblici locali, reinserendo in tariffa il profitto garantito ai gestori e promuovendo fusioni e aggregazioni con le 4 mega-multiutility A2A, Iren, Hera e Acea.
Inoltre, la crisi idrica, aggravata dal surriscaldamento globale e dai relativi cambiamenti climatici, ha fatto emergere le responsabilità di una gestione privata che risparmia sugli investimenti infrastrutturali per massimizzare i profitti.
Ribadiamo che oggi più di ieri è necessaria una radicale inversione di tendenza ed è sempre più importante riaffermare il valore paradigmatico dell’acqua come bene comune, ribadendo che: l’acqua è un diritto umano universale e fondamentale ed è la risorsa fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi; l’acqua è un obiettivo strategico mondiale di scontro con il sistema capitalistico-finanziario; la gestione partecipativa delle comunità locali è un modello sociale alternativo; è necessario giungere ad un sistema di finanziamento basato sulla fiscalità generale e su un meccanismo tariffario equo, non volto al profitto e che garantisca gli investimenti.
Intendiamo anche denunciare come oggi la privatizzazione dell’acqua passa attraverso processi più subdoli come le fusioni tra aziende e i pericolosi meccanismi tariffari predisposti da ARERA, la quale ha dimostrato di non tutelare né il servizio idrico né gli utenti, ma solo gli interessi delle aziende che dovrebbe controllare. Per cui ne chiediamo lo scioglimento e il ritorno delle sue competenze sul servizio idrico integrato al Ministero dell’Ambiente.
In occasione del 7° anniversario del referendum, forti di quella straordinaria partecipazione democratica rilanciamo il nostro impegno e la nostra mobilitazione, sfidando il nuovo governo M5S-Lega appena insediato a dare realmente attuazione all’esito referendario e a superare con iniziative legislative concrete la parte del “Contratto” relativa all’acqua in quanto del tutto insufficiente e inadeguata.