La posizione di ENAAT (la rete europea delle organizzazioni della società civile che si occupa di commercio di armi, di cui Rete Disarmo fa parte) sulle proposte diffuse oggi dalla Commissione Europea
Oggi la Commissione Europea ha pubblicato le proprie proposte per l’area riguardante Difesa e Sicurezza nell’ambito del prossimo Bilancio a lungo termine dell’Unione Europea. I documenti ufficiali confermano un livello di finanziamento senza precedenti per le priorità militari e di sicurezza, in particolare con un aumento del 2200% del Fondo Europeo per la Difesa. “Tale Fondo sovvenzionerà le aziende private sosenendo la ricerca e lo sviluppo di armamenti controversi, che saranno poi utilizzati o esportati in base a meri interessi industriali o a strategie nazionali”, è l’avvertimento di ENAAT (European Network Against Arms Trade) la Rete europea della società civile contro il commercio di armi.
Il prossimo Bilancio a lungo termine dell’UE, che copre il periodo dal 2021 al 2027, dedicherà 2 delle 6 linee di azione(1) a questioni di sicurezza, militari e di gestione delle frontiere e delle migrazioni. Complessivamente queste due voci di bilancio beneficeranno del maggiore aumento relativo di fondi a disposizione, se comparate con le altre politiche: rispettivamente il 180% e il 260% di aumenti per la sicurezza e la gestione delle migrazioni e delle frontiere con un sorprendente aumento del 2200% per il Fondo di Difesa europeo (che passerà da da 0,59 a 13 miliardi di euro). Con questo bilancio pluriennale, al termine del 2027 l’Unione Europea avrà speso di più per la ricerca militare che per gli aiuti umanitari.
“Il prossimo Bilancio a lungo termine conferma il cambio di paradigma dell’UE verso un concetto armato di sicurezza con risposte militari a problemi complessi, così come l’eccessiva influenza del complesso militare-industriale sulle decisioni politiche in seno all’Unione: le stesse aziende che consigliano l’UE a riguardo di questa scelta saranno tra i principali beneficiari dei relativi finanziamenti” afferma Laetitia Sédou, responsabile del Programma UE per ENAAT.
Il Fondo Europeo per la Difesa si concentrerà in particolare sulla tecnologia militare senza equipaggio, come i droni armati e potrebbe anche andare a sostenere lo sviluppo di armi completamente autonome, comprese quelle letali (i cosiddetti ‘Killer Robots’). I governi francese e tedesco vogliono che il nuovo drone militare europeo MALE riceva sostegno dal Fondo per il proprio successivo sviluppo e già ora l’Azione Preparatoria per la ricerca sulla difesa(2) dedica un terzo del proprio bilancio ai sistemi senza equipaggio per la sorveglianza marittima. E pochi giorni fa gli Stati membri dell’UE hanno respinto qualsiasi limitazione vincolante allo sviluppo di armi completamente autonome nel Programma Europeo di Sviluppo Industriale della Difesa (EDIDP).
Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, avverte: “L’uso di droni armati, e nel prossimo futuro di armi completamente autonome, sta cambiando il volto della guerra e mettendo in crisi e sotto scacco la legislazione internazionale. È particolarmente preoccupante che l’Europa ponga lo sviluppo di una tecnologia così problematica nelle mani di un’industria militare che ha come scopo finale il solo profitto”.
Un altro tra gli obiettivi principali del Fondo Europeo per la Difesa è quello di aumentare la competitività globale dell’industria militare del continente. Poiché i mercati nazionali sono già troppo piccoli per assorbire la sovrapproduzione europea di armamenti e fornire una maggiore redditività, l’industria militare sicuramente porrà un’enfasi ancora maggiore sulle esportazioni, compresa la nuova tecnologia militare sviluppata grazie ai finanziamenti dall’UE (fornendo quindi un vantaggio competitivo cruciale).
“Le decisioni prese dalla Commissione Europea, con i conseguenti sviluppi, non porteranno alla pace e alla sicurezza, ma aumenteranno solo i profitti dell’industria delle armi esacerbando la corsa agli armamenti a livello mondiale. La spesa militare mondiale è al suo livello più alto dalla fine della Guerra Fredda. È giunto il momento per l’UE di affrontare le cause profonde dei conflitti piuttosto che investire in soluzioni militari che già non hanno funzionato in passato”, aggiunge Bram Vranken, ricercatore per l’organizzazione belga Vredesactie.
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