Selahattin Demirtas è il candidato del Partito Democratico dei Popoli (HDP) per le presidenziali turche. L’avvocato e parlamentare curdo, detenuto in isolamento a Edirne dal 4 novembre del 2016, condivide una cella di dodici metri quadri con un altro parlamentare.
Per lui si tratta di una campagna elettorale molto difficile.
Perché è stato arrestato?
Nelle prime ore del 4 novembre 2016 dodici parlamentari del Partito Democratico dei Popoli (HDP) sono stati arrestati e posti in custodia cautelare. Tra le persone trattenute c’era anche Selahattin Demirtas.
Il 20 maggio dello stesso anno, 376 parlamentari hanno votato a favore della rimozione dell’immunità parlamentare. Una decisione storica sostenuta fortemente dal Presidente della Repubblica, dal partito al governo, dal CHP e MHP. L’obiettivo è stato appunto quello privare dello scudo parlamentare quei parlamentari sotto accusa.
Le accuse rivolte ai parlamentari dell’HDP sono complesse e kafkiane, il denominatore comune su cui esse si basano è la presunta promozione di attività terroristiche. Il caso di Demirtas è molto particolare. Il 22 febbraio 2015 la sede del partito nella città di Kayseri è stata attaccata da un gruppo ultra-nazionalista. I membri locali del partito hanno accusato la polizia di mancata protezione. Gli avvocati dell’HDP a nome dei co-presidenti hanno denunciato il prefetto presso la Procura di Kayseri. Questa mossa ha aperto la strada alla rimozione dell’immunità parlamentare per Demirtas. Perché? Egli è stato accusato di “calunnia contro un funzionario statale”. La denuncia diventa così un crimine perseguibile.
Un altro caso riguarda le manifestazioni del mese di novembre 2014. Mentre a Kobane in Rojava, Siria, era in corso una storica resistenza contro l’organizzazione terroristica ISIS, in Turchia diverse manifestazioni esprimevano solidarietà agli assediati e protestavano contro le posizioni “neutrali” del governo sulla questione. Diversi membri dell’HDP invitavano i cittadini a scendere in piazza per protestare “pacificamente”.
Più di cinquanta persone, per la maggior parte membri dell’HDP, restano uccise nel corso di queste manifestazioni. Eppure sia il governo che i principali media iniziano una campagna contro Demirtas, definito l’unico responsabile della morte dei manifestanti. Ad oggi, nonostante nessuna denuncia e nessun processo penda nei confronti di Demirtas per via di queste manifestazioni, il governo e i suoi media continuano a rivolgergli le stesse accuse per manipolare l’opinione pubblica.
Tra le accuse rivolte a Demirtas c’è anche un suo storico discorso tenuto nel 2013 durante i festeggiamenti del Newroz a Diyarbakir. Discorso precedentemente discusso e strutturato ufficialmente con alcuni membri del governo. Questo discorso storico, centrato sull’eventuale cessate il fuoco indeterminato tra le forze armate dello Stato e le guerriglie del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), è definito dal sistema giudiziario la dimostrazione dell’appartenenza di “Demirtas alle organizzazioni terroristiche”.
Un ultimo dettaglio interessante nel caso di Demirtas riguarda uno dei giudici che ha lavorato affinché l’ex co-presidente entrasse in carcere. Il suo nome è Abidin Bozkan. Questo stesso giudice che si è occupato personalmente della preparazione delle carte per la rimozione dell’immunità parlamentare del parlamentare curdo, lui stesso ora si trova in carcere perché colpevole di appartenere alla comunità di Gulen, l’organizzazione accusata dal governo di essere l’ideatrice del tentato e fallito golpe del 2016.
Campagna elettorale in carcere
Basak Demirtas è la moglie del candidato Selahattin. Da più di venti mesi, una volta a settimana, parte dalla città di Diyarbakir, dove abita con le due figlie, e va a trovare suo marito. Percorre una distanza di oltre 1.500 kilometri.
Demirtas incontra, più di una volta al giorno, anche i suoi legali. Il candidato quarantacinquenne porta avanti i suoi lavori dalla cella insieme al compagno Abdullah Zeydan, personalità che svolge anche il ruolo di “pubblico” durante i “comizi elettorali” in prigione.
Viste le condizioni, per Demirtas si tratta di un periodo elettorale decisamente unico, difficile, straordinario ed ingiusto. Grazie agli incontri con i suoi avvocati riesce a far uscire fuori i suoi messaggi, i suoi progetti e le sue proposte.
Solamente le telefonate e le lettere sono i mezzi attraverso i quali Demirtas, dal carcere speciale di Edirne, può comunicare con gli elettori. Poi esiste una piccola squadra del partito che segue la campagna elettorale e posta i messaggi dell’ex avvocato ogni giorno via Twitter. Questa straordinaria esperienza, forse unica nel suo genere, ha scatenato anche una reazione abbastanza assurda dentro le mura del carcere. La direzione penitenziaria ha purtroppo pensato che fosse presente un cellulare nella cella di Demirtas e fosse proprio lui a mandare questi messaggi. Nel mese di settembre del 2017 le guardie hanno fatto un controllo straordinario nella cella di Demirtas e Zeydan per trovare questo telefono, di fatto inesistente. Pochi mesi dopo, sul suo canale ufficiale Twitter, Demirtas ha raccontato questo episodio in modo scherzoso: “Non avevano capito che era il bollitore dell’acqua a mandare i tweet”.
Il linguaggio che utilizza Demirtas nei suoi messaggi è molto positivo e propositivo. Si rivolge ai giovani con un linguaggio molto semplice ed amichevole. Invita, inoltre, i suoi elettori a non avere paura e a fidarsi di lui e del partito. Spesso utilizza un linguaggio ironico per rispondere alle cattiverie ed agli insulti dell’attuale Presidente della Repubblica. Critica duramente il canale televisivo statale TRT, reo di non concedere nessuno spazio alle manifestazioni elettorali dell’HDP.
Demirtas ha svolto due comizi elettorali su Twitter. Un gesto simbolico ed unico, ricco di ironia. Il detenuto politico non utilizza solo questo mezzo per rivolgersi agli elettori. Anche le registrazioni audio, fatte tramite il telefono fisso del carcere, sono state utilizzate affinché la voce del candidato arrivasse agli elettori. Una volta manda un brevissimo messaggio di saluti ed incoraggiamento agli elettori, un’altra fa un discorso emozionante e speranzoso.
L’ultima volta, lo scorso 13 giugno, è stata diffusa la registrazione telefonica di un pezzo musicale che Demirtas ha composto mesi fa in carcere. Il titolo è “Non avere paura, grida”:
Nonostante il cielo grigio
E la nuvola bugiarda
Dovessero mentirti e metterti in difficoltà
Sappi che il sole si trova
Laddove è sempre stato finora
Non avere paura
Grida
Se non funziona
Chiama Hizir (La provvidenza)
Hizir (La provvidenza) è nel tuo cuore
Tu sei Hizir (La provvidenza)
Bellezza mia
Comizio televisivo dal carcere
Per la prima volta nella storia della Repubblica di Turchia un candidato ha registrato il suo messaggio audiovisivo elettorale dal carcere. Telecamere, operatori e luci del canale televisivo statale TRT sono entrate nel carcere speciale di Edirne ed in una stanza appartenente alla direzione hanno registrato sette minuti di messaggio. Così, il 18 giugno, tutto il Paese ha potuto vedere ed ascoltare Selahattin Demirtas, dopo venti mesi di detenzione. Sempre sorridente, leggermente dimagrito ma comunque determinato.
Demirtas ha parlato degli e agli operai, precari, lavoratori dell’informazione e giornalisti. Demirtas ha parlato di libertà politica e di pensiero. Il candidato presidente ha ricordato al suo elettorato che né lui né il partito si sono mai inchinati di fronte alla repressione del governo. In conclusione Demirtas ha sottolineato la precarietà del suo ingiusto processo che infrange numerose leggi e regolamenti. Secondo Demirtas l’unico motivo per il quale si trova in carcere è il fatto che il governo ha paura di lui e senza la sua presenza in piazza può calunniarlo liberamente.
Selahattin Demirtas ha citato i versi di un poeta comunista, Hasan Huseyin Korkmazgil:
“Ci seminano per terra e noi fioriamo, ci pestano come il grano e noi diventiamo la farina, colpiscono uno di noi e ne nascono altri mille! Non hanno capito ancora che ammazzarci non è una soluzione?”
Nonostante tutte le difficoltà
Ovviamente le difficoltà per l’HDP non si limitano alle condizioni del suo candidato alle presidenziali. Si parla di un partito politico che oggi conta dodici parlamentari in carcere, due latitanti, più di sessantacinque sindaci eletti detenuti. Solo in questo periodo elettorale gli edifici, i militanti ed i gazebi del partito sono stati colpiti dai militanti di partiti della coalizione governativa per ben ventidue volte e circa centotrentasei persone sono state arrestate e poste in custodia cautelare.
Di fronte all’HDP ci sono tre altre barriere.
La prima riguarda la zona dove si concentra la maggior parte del suo elettorato, ovvero il Sud-Est. Zona fortemente colpita dagli scontri tra le forze armate dello Stato e la guerriglia del PKK, tuttora in corso, e caratterizzata da una condizione socio-economica precaria, circondata da paesi in conflitto come l’Iraq e la Siria e diventata la porta d’ingresso di milioni di profughi siriani. A causa degli scontri del 2015 numerose località sono state andate distrutte e centinaia di migliaia di elettori sono stati spostati e di fatto oggi non possono esercitare il proprio diritto di voto.
La seconda è il cambio radicale che hanno subito le amministrazioni nella regione. In più di sessantacinque municipalità gli attuali sindaci sono commissari straordinari, spesso appartenenti al partito al governo. Quasi tutti i sindaci che sono stati rimossi si trovano oggi in carcere perché accusati di “attività terroristica”. In queste zone ormai l’amministrazione socio-economica e politica è di fatto nelle mani del governo. Sono state chiuse diverse associazioni non governative, attività culturali hanno cessato di esistere, in diverse località non è permesso svolgere una manifestazione politica. In questo periodo elettorale la propaganda del partito al governo è onnipresente, promossa dai nuovi sindaci attraverso i fondi dello Stato.
La terza, invece, riguarda, lo sbarramento elettorale del 10%. Nel 2015, in entrambe le elezioni, il partito è riuscito a superarla, seppur di poco. Oggi, con tutte queste difficoltà, sarà molto difficile per questo partito di sinistra.
Eppure, il 20 giugno a Diyarbakir, l’HDP ha svolto la sua ennesima oceanica manifestazione elettorale. Questa città, fortemente politicizzata considerata la roccaforte dell’HDP, ha reagito molto positivamente. In piazza c’erano centinaia di migliaia di persone. Secondo la BBC della Turchia è stata la manifestazione più grande del partito in città degli ultimi tre anni.
Demirtas e l’HDP chiedono il voto dell’elettore con quest’appello:
“Il cambiamento inizia con te, il 24 giugno vota per te stesso e contro la paura”.