La Corte suprema israeliana, organo interno allo Stato di Israele emana un’ennesima sentenza riguardante comunità residenti nei Territori palestinesi. È solo a questa Corte, del resto, che i palestinesi sotto occupazione possono rivolgersi, sperando che la Corte tenga in conto quella legalità internazionale che decisioni governative israeliane o azioni dell’IDF non rispettano.
Ma anche questa volta la Corte suprema israeliana ha dimenticato il Diritto internazionale e il Diritto universale umanitario ed ha assecondato le mire dello Stato di cui è emanazione ed ha ordinato la demolizione di una scuola che serve 160 bambini nel deserto del Negev.
La Società Civile per la Palestina, accogliendo con amarezza la comunicazione della Ong Vento di Terra, costruttrice della scuola che Israele vuole demolire, ha invitato a pubblicare il seguente comunicato finalizzato a chiedere che quest’ultimo crimine venga impedito.
Appello per la scuola di gomme
Ieri, 24 maggio 2018, la Corte Suprema israeliana ha decretato la demolizione della Scuola primaria di Khan al Ahmar e del villaggio beduino circostante, sito in “Area C”, Territori Palestinesi Occupati. L’intenzione dell’esecutivo israeliano è deportare la comunità locale in un sito privo di infrastrutture, limitrofo alla discarica di Gerusalemme, nel comune di Abu Dis. Soluzione rigettata dalla comunità di Khan al Ahmar.
La scuola, realizzata nel 2009 da Vento di Terra ONG su progetto dello studio milanese ARCò, ospita 160 alunni beduini, e rappresenta un esempio unico di architettura bioclimatica. La scuola e la comunità sono state in questi anni sostenute dalla Cooperazione Italiana del Ministero degli Esteri, dalla Conferenza Episcopale Italiana, dalle Agenzie ONU e dalla Unione Europea e sono state meta di numerosi interventi e delegazioni a livello internazionale.
Si tratta di salvaguardare i diritti fondamentali di una comunità originaria del Negev, da dove fu fatta evacuare forzatamente nel 1950. Una comunità residente nell’area di Khan al Ahmar prima dell’occupazione israeliana iniziata nel 1967 e che sopravvive in una situazione di estrema indigenza. Il Corridoio E1 a est di Gerusalemme è ritenuto una priorità strategica dal Governo Israeliano, che vi sviluppa un’intensa opera di colonizzazione, confiscando illegalmente territorio palestinese.
Società Civile per la Palestina, rete tra 20 associazioni italiane, fa appello al nascente Governo Italiano, alle istituzioni della Unione Europea, alle Nazioni Unite, a tutte le forze della Società civile e alle agenzie internazionali perché facciano pressione sul Governo israeliano affinché la demolizione e la deportazione, che avverrebbero in violazione delle leggi internazionali e in particolare della Quarta Convenzione di Ginevra, non siano rese esecutive.
25 maggio 2018
Società Civile per la Palestina
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