Come faranno? Per anni ci hanno raccontato la favola che il premier deve essere eletto dagli italiani, che alla guida del Governo non ci possono essere tecnici e professori perché sarebbe una violazione del principio democratico, che dopo il voto non si possono cambiare alleanze perché sarebbe un tradimento del mandato elettorale, ecc.
Ed eccoli, adesso, ad arrampicarsi sugli specchi, per cercare di giustificare l’incoerenza, dicendo che non è un’alleanza ma un contratto, che non è una spartizione come nella prima repubblica perché questa è la terza (ma nemmeno la seconda ci risulta), che questo è un governo diverso perché è per il cambiamento (ovviamente!). Quante banalità, quanta retorica, quanta ipocrisia, quanta sfacciataggine, quanta mancanza di pudore e di rispetto per i cittadini elettori.
Per un momento viene da pensare che i politici antichi erano meno finti e più corretti di questi. Le alleanze erano stabili: si votava per un partito e si sapeva già con certezza con chi si sarebbe coalizzato. Niente sorprese, nessun ribaltone, rari i tradimenti del mandato elettorale.
Con che sfrontatezza è stato scritto nel contratto di governo che “occorre introdurre forme di vincolo di mandato per i parlamentari, per contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo”. Ma quale vincolo di mandato se i parlamentari eletti con un programma oggi fanno un contratto (privato?) con altri eletti con un altro programma? Da quale pulpito viene la predica…
Ma qual è il cambiamento? Inserire nel programma di governo le riforme istituzionali? Non dovrebbe essere materia di competenza del parlamento? Questa è la peggiore continuità degli ultimi decenni: chi va al governo, ha la smania di cambiare le regole del gioco, elettorali e costituzionali.
Il vero cambiamento sarà quando finalmente verrà riconosciuto da chi è in maggioranza che le regole del gioco e le carte costituzionali si cambiano insieme, così come accadde quando furono scritte in origine. Ma questo implicherebbe avere a cuore davvero il senso della democrazia partecipata, anziché il futuro del proprio partito o della propria carriera politica.
Purtroppo aveva ragione Pier Paolo Pasolini, quando scrisse: “Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”. Sono passati quasi 50 anni, ma in fondo nulla è cambiato.