– Quando l’ascia entrò nel bosco, molti alberi dissero “Almeno il manico è dei nostri” – Proverbio Turco
Riuscire a decifrare l’attualità politica italiana sembra impresa ardua. L’impressione è quella che gli italiani siano degli alberi in crisi d’identità, e che non stiano valutando bene quello che sta accadendo. I comportamenti politici oltre ad essere inediti, appaiono contraddittori. Il rischio che si corre è quello di considerare le contraddizioni del comportamento della neonata entità politica come debolezze.
La prima di queste contraddizioni, è l’idea che coloro che si sono lagnati del fatto che il Premier debba essere eletto dal popolo e invece è soltanto un “avvocato del popolo”.
Dire che Conte sia un tecnico e non un premier eletto dal popolo può sembrare fuorviante poiché coniuga i pregi del tecnico e del politico: al carattere “politico” in quanto pupazzo dei suoi due ventriloqui, si aggiunge l’irresponsabilità della sua carica data la terzietà rispetto ai firmatari del contratto.
Conte è un Giano Bifronte la cui scelta è consapevole, poiché dà la possibilità ai due genitori Di Maio e Salvini di potere disconoscere il figlio e comporre una nuova famiglia, un nuovo governo, in caso di fallimento. Magari, chi lo sa, con il ritorno di un Di Battista. Inoltre la costituzione di un terzo elemento diverso dai due leader permette ad entrambi di evitare di esporsi come premier e di bruciarsi in caso di abbandono dell’altro componente.
La contraddizione più utile è invece la posizione assunta nei confronti dell’Europa: la chiave di volta del patto di sangue tra i due nemici-amici che in maniera schizofrenica e bipolare alternano un atteggiamento ora anti-europeista, ora rassicurante.
Questo governo rilancerà continuamente nei confronti dell’Europa la sua posizione sovranista: questo aumenterà le tensioni con i mercati, forse solo in un primo momento, e qualsiasi pressione esterna sarà vista come un attentato alla volontà popolare. L’Europa è quindi lo scudo con cui Salvini e Di Maio possono attirare il consenso necessario per imporsi in una prossima elezione, essendo perennemente in campagna elettorale. Il loro programma infatti non è un programma di governo ma di campagna elettorale. Il suo mix sansepolcrista vorrebbe accontentare tutti, tranne gli ultimi, soprattutto se non italiani. Ripetere ed amplificare la mancanza di copertura economica significa porre un velo al razzismo di cui è imbevuta la maggior parte del programma. Ed in fondo anche gli italiani se ne stanno un po’ fregando di quanto potrebbe accadere ad altri esseri umani se in ballo c’è la lotta per la sopravvivenza contro l’ingrata Europa.
Da un punto di vista economico la componente rivoluzionaria e giustizialista dei Cinquestelle si svuota dinanzi alla prospettiva liberista della Lega che eredita da Forza Italia le attenzioni nei confronti dell’imprenditoria e dell’evasore condonabile di berlusconiana memoria. Se in punto di principio proclamano di opporsi alle logiche “turbocapitaliste”, per dirla con i termini dello vate Fusaro, queste forze sul piano concreto affermano poi quanto di più liberista ed ingiusto possa esserci da un punto di vista fiscale.
Il mondo imprenditoriale e le classi agiate con la “flat tax” sono pronte a difendere questo progetto contradittorio, mentre il reddito di cittadinanza è la trovata geniale per assicurarsi il consenso attraverso un assistenzialismo cui gli Italiani già sono abituati sotto forme solitamente più illecite e “scambiste”. L’importante intanto è agitare l’eliminazione della legge Fornero.
L’obiettivo del programma infatti non è attuare quanto detto in campagna elettorale ma entrare in uno stato d’animo di campagna elettorale permanente, che permette di fondare un consenso perpetuo finalizzato a spogliare la casta delle sue poltrone. La mancanza di copertura, che molti vedono come una debolezza potrebbe essere lo specchietto per le allodole verso cui tutti puntano il dito, ma che moltiplica la forza politica di questo gioco d’azzardo indirizzato a scardinare l’ormai fragile Europa. L’obiettivo è quindi creare consenso, facendo apparire, e quindi radicalizzare, lo scontro tra la volontà degli italiani contro la tecnocrazia europea.
Un saggio di questa radicalizzazione che fa appello all’uso demagogico della volontà elettorale è stato dato da Di Battista, impaziente e insolente nell’affermare che il Presidente della Repubblica, dati i dubbi sulla figura di un premier terzo, volesse tradire la volontà popolare.
Quello che appare più inquietante è l’uso della volontà popolare, sperimentando una fenomeno che si spera di non vedere nel resto dei regimi politici: chiedere alla rete di votare il contratto con Salvini è stato per i Cinquestelle l’ennesima offesa all’idea di democrazia che svela ancora una volta quanto sia “elitista” il suo rapporto con il “popolo”. Rivolto soltanto agli iscritti, nei confronti dei quali si ha l’illusione di essere responsabili attraverso una sorta di vincolo di mandato plebiscitario, il sondaggio legittima il contratto e il voto degli iscritti allo stesso tempo. Non sono gli elettori Cinquestelle ad essere stati sentiti, bensì i cittadini “premium” iscritti nella piattaforma. Autoproclamatosi detentori della “voce del popolo”, vengono legittimati da un suo ridotto avatar.
Citando Eco: “Per l’Ur-Fascismo gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il “popolo” è concepito come una qualità, un’entità monolitica che esprime la “volontà comune”. Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete. Avendo perduto il loro potere di delega, i cittadini non agiscono, sono solo chiamati pars pro toto, a giocare il ruolo del popolo. Il popolo è così solo una finzione teatrale. Per avere un buon esempio di populismo qualitativo, non abbiamo più bisogno di Piazza Venezia o dello stadio di Norimberga. Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”.
Un popolo che ha bisogno di un avvocato è un popolo sotto processo che vuole scaricare le proprie responsabilità sull’Europa, sulla casta e sui migranti. Tre nemici che permettono di fondare una nuova identità nello smarrimento imposto dalla mondializzazione.