In occasione dei 40 anni dall’uccisione di Peppino Impastato, abbiamo intervistato il fratello Giovanni in quella che fu la casa del boss mafioso Tano Badalamenti, oggi gestita dall’associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato. “La mafia ha perso – ci ha spiegato Giovanni – ora è giunto il momento di passare il testimone. Siete tutti invitati, il 9 maggio 2018, a Cinisi”.
Cinisi – Entriamo nella stanza in cui svolgeremo l’intervista a Giovanni Impastato. Una stanza dalle pareti bianche, con qualche quadro appeso al muro, delle sedie, uno schermo per proiettare video. Questa stanza appartiene alla storica casa del boss Tano Badalamenti, quello stesso boss che proprio 40 anni fa, qui, ordinò l’uccisione di Peppino Impastato. Molte altre atroci decisioni furono probabilmente prese in queste stanze dove ora ci troviamo, emozionati, quasi intontiti di fronte alle implicazioni che tutto ciò comporta.
Una casa per decenni nota come simbolo della mafia e del terrore oggi è gestita dall’associazione nata dal lavoro di Giovanni Impastato e della madre Felicia.
Mentre realizzo questo concetto, improvvisamente quelle pareti bianche, anonime, si riempiono di significato ed io, dopo quasi 20 anni di professione giornalistica, mi trovo per la prima volta con le parole che faticano ad uscire nel formulare le mie domande e nel cogliere il senso delle risposte. Per fortuna, Giovanni Impastato, con il suo tono pacato e deciso, mi chiede di partire dalla fine, dal presente. Tra pochi giorni, infatti, il 9 maggio 2018, saranno trascorsi quaranta anni dall’uccisione di suo fratello e per l’occasione a Cinisi si svolgeranno celebrazioni, convegni, dibattiti, libri, musica e mostre e mobilitazione. In realtà il tutto è già iniziato il primo maggio.
Le scuole sono le protagoniste di queste giornate, perché – come ci spiega Impastato – è giunto il momento di passare il testimone: “Oggi i giovani devono recepire in maniera positiva il messaggio di Peppino; il suo, infatti, non è solo un messaggio di lotta e rottura con la famiglia mafiosa, ma è soprattutto un messaggio educativo. Ecco perché cercheremo di coinvolgere direttamente la meglio gioventù di oggi, come già facemmo quaranta anni fa e come facciamo ogni anno il 9 maggio. Quest’anno le cose si devono ripetere ma in modo maggiore rispetto al solito
Vogliamo ricordare Peppino attraverso tutte le cose che è riuscito a fare in quegli anni trasmettendo lo spirito che lo muoveva ai giovani che oggi – tra l’altro – hanno tutta una serie di strumenti che Peppino non poteva nemmeno immaginare. Peppino usava dei mezzi di comunicazione dei tempi: radio, fotografie, volantini. Oggi abbiamo i social, internet, gli smartphone… pensiamo a cosa avrebbe potuto fare Peppino con i mezzi di oggi! Ecco perché abbiamo la responsabilità di accompagnare i giovani e far loro toccare con mano la storia, sia quella positiva che quella negativa. Dentro questa casa, ad esempio, c’è la storia della mafia. Tano Badalamenti è stato uno dei boss più importanti, ha globalizzato la mafia rendendola internazionale. Dentro queste mura sono state prese decisioni inerenti anche molte stragi di mafia…
Il fatto che oggi la casa di Badalamenti sia gestita da noi certifica che nonostante abbiamo pagato un prezzo altissimo, la mafia l’abbiamo sconfitta. Stare in questa casa significa dimostrare che abbiamo violato il suo regno e non è una cosa di poco conto. Non possiamo continuare a piangere i nostri morti con i ragazzi, ma dobbiamo spingere i giovani a fare qualcosa. Dare loro la fiducia. È un’occasione importante. Venti o trent’anni fa nessuno avrebbe scommesso che saremmo riusciti a entrare in questa casa. Spero di riuscire a trasmettere queste emozioni a tutti”.
Nella stanza accanto a quella in cui ci troviamo ha sede una nuova web-radio – Radio 100 passi – fondata per dare voce ai giovani e continuare il lavoro che Peppino svolgeva nella sua ‘Radio Aut’. La radio prende il nome dal film ‘I cento passi’ che ha reso celebre la storia di Peppino Impastato. Ma per Giovanni è fondamentale cercare di andare anche oltre il mito.
“Peppino non è mai stato dimenticato: subito dopo la sua morte abbiamo portato avanti azioni di impegno civile, lotta, di tutto. Nonostante ciò, in 22 anni non siamo riusciti ad ottenere quello che il film ha ottenuto in 48 ore. Siamo quindi grati al film, ma ora dobbiamo andare oltre. Non vogliamo che Peppino diventi un eroe o un mito irraggiungibile altrimenti potrebbe scattare un meccanismo paralizzante nelle persone che non sentendosi all’altezza finirebbero con il non fare nulla. Ecco perché dobbiamo ‘toccare’ Peppino, dobbiamo percepirlo come esempio e punto di riferimento per tutti noi”.
E in effetti, Palermo e la Sicilia tutta stanno vivendo un mutamento antropologico da questo punto di vista. Non a caso, uno dei movimenti più innovativi nella lotta contro le mafie di questi anni è un movimento senza un volto, senza eroi: Addio Pizzo.
“Io sono stato uno dei fondatori di Addio Pizzo – ci spiega Giovanni – sono stato tra i primi quarantotto ad aderire. È stata una esperienza molto forte che ha portato i suoi frutti. Un imprenditore non è più solo, ora riesce a inserirsi dopo una denuncia. Addio Pizzo, quindi, ha fatto un ottimo lavoro. Manca ancora lo Stato che invece continua ad aspettare il morto per fare leggi precise rinunciando così alla sua funzione preventiva ed agendo spesso sull’onda dell’emotività. Si parla di una mafia anti Stato, ma non è vero, la mafia è il cuore dello Stato…”. Ma Giovanni non si arrende, anzi: “Bisogna ricordare Falcone, soprattutto quando parlava di fenomeni umani. Diceva: ‘ogni storia, come ha avuto un inizio avrà una fine’. Spiegava che la mafia non è invincibile, è stata resa invincibile. I mafiosi sono uomini in carne ed ossa come noi.
Bisogna continuare a insistere. La lotta alla mafia deve essere in partenza una missione, non uno strumento per fare carriera politica. La parola legalità usata come ‘dobbiamo fare questo o quello’ ha provocato molti danni: legalità non vuol dire rispetto delle leggi, ma rispetto della dignità umana. Quando al centro di una legge non c’è il rispetto umano, quella legge non va rispettata!”.
Ecco quindi che oggi l’associazione Casa Memoria – nata dal lavoro di Giovanni e Felicia Impastato – porta avanti battaglie legate all’immigrazione e ai diritti negati. Per saperne di più sulle sue attività, percorriamo all’indietro i famosi ’100 passi’ e ci dirigiamo da casa Badalamenti alla storica casa della famiglia Impastato: “un ‘altare laico’, come lo definisce Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, un luogo di memoria e di divulgazione della verità e della cultura, un avamposto della resistenza contro il potere e contro la mafia, la testimonianza concreta di un’esperienza di lotta senza remore, di un’intera vita spesa con coraggio e determinazione”.
La casa, quindi, è stata donata nel 2005 alla comunità da parte della famiglia e oggi ospita un museo e una serie di iniziative tese a ricordare il messaggio di Peppino e a portarne avanti le fondamentali battaglie. Impossibile descrivere tutte le iniziative realizzate in questi anni. Per fortuna Casa memoria è gestita da tanti volontari, la maggior parte dei quali non ha conosciuto Peppino di persona, ma segue le sue orme.
“Ci sono segnali positivi. – afferma Impastato – C’è il ragazzo che organizza un’iniziativa su Peppino nella sua scuola; il giovane imprenditore che cambia vita e decide di fare di più; la ragazza che nota che i giornalisti hanno trattato le vicende di Peppino con ingiustizia e decide di diventare giornalista e così via. Io credo che loro siano il futuro. Per questo non faccio nemmeno parte del direttivo. Sta nascendo una nuova energia, è tempo di dare spazio ad altre persone”.
Prima di lasciare Giovanni gli chiediamo un bilancio di questi 40 anni. “Il lavoro di tutti questi anni mi ha aiutato molto a crescere. Nonostante il grande dolore e la fatica, posso dire di aver ricevuto tantissimo. Grazie al sacrificio di Peppino e a questa mia scelta ho avuto la possibilità di conoscere persone meravigliose e di sentire che molte di loro mi vogliono bene.
Invito tutti al corteo del 9 maggio. È una occasione unica. Possiamo avviare la svolta che manca, passare il testimone e consegnare ai giovani d’oggi questa memoria e questo pensiero. Se questo 9 maggio si verificheranno cose importanti se ne parlerà a lungo. Ne vedremo delle belle”.
Le manifestazioni del 9 maggio in ricordo di Peppino Impastato
Il libro di Giovanni impastato “Oltre i cento passi”