“The shape of water” di Guillermo del Toro mescola alla dose fiabesca un quid pedagogico per via subliminale, aggiunto in un impasto gustoso e scorrevole.
Il protagonista è una creatura strana, mezzo uomo e mezzo rettile, che potrebbe associarsi al mostro di Loch Ness; lei è una ragazza non bella ma sensibile, fa la donna delle pulizie ed è handicappata perché muta. Il mostro è temuto e non capito da chi lo ha catturato, sicché aggredisce gli uomini che lo tengono in cattività e loro rispondono, per paura, con crudeltà estrema. Solo lei, la piccola muta che fa le pulizie, riesce a comprenderlo e a far breccia nel cuore della creatura: gli regala uova sode, gli fa ascoltare la musica.
Il periodo storico è quello in cui i russi e gli americani si contendevano il mondo con i primi tentativi di raggiungere la luna e altri pianeti. Tutti pensavano che lo strano animale, mezzo uomo e mezzo rettile, potesse essere usato quale cavia nello spazio, sicché i servizi segreti americani ritenevano necessario scontrarsi col KGB per averlo in loro potere. La piccola muta al contrario s’innamora di quell’essere che tutti vorrebbero sfruttare e decide di mettere a rischio la sua vita per lui ….
Opera che emoziona, attrae per l’atmosfera fiabesca, simbolo della capacità di accettare il diverso. Alla fine homo homini lupus se non si accende la scintilla di umanità anche per l’altro da sé. Una scintilla rara, che solo l’amore sa sprigionare.