E’ Pasqua, giorni in cui per gli ebrei si celebrava la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, e che per i cristiani in seguito, ha acquisito un significato diverso, risorgere di luce nuova da morte a vita, giorni in cui credenti o no, è piacevole stare in famiglia, in pace, prendendo energia e serenità dallo stare un poco insieme alle persone cui si vuol bene.
Ma in una striscia di terra dimenticata da tutti, persino da ogni Dio, in questi giorni, in questo stesso momento, non c’è Pasqua, né pace sotto gli ulivi, da tempo per coloro che l’abitano non c’è più niente, in questi giorni e oggi stesso, ci sono persone come noi, bimbi, famiglie, donne e uomini che si sono riversate su una striscia di terra riarsa, e impregnata di sangue.
Persone che a decine di migliaia hanno camminato in pace con le loro bandiere, su quel.poco di terra natia che è loro rimasta. Sono scesi nei campi, al confine della striscia di Gaza, per manifestare di non volere morire soli, isolati, dimenticati da tutti, tenuti rinchiusi come animali in un recinto.
Hanno manifestato pacificamente, l’insopportabile condizione che vivono da decenni, di segregazione etnica, ormai molto più razziale che religiosa o politica.
Lo hanno fatto rinchiusi dentro i confini che gli sono stati imposti, gli hanno sparato addosso, uccisi a decine, feriti a migliaia per questo loro ribellarsi a morire rinchiusi e dimenticati.
Ieri è girato sui social, un video di un uomo, da solo, pacato, andava camminando, sulla sua terra, gli hanno sparato i cecchini dell’esercito israeliano a distanza, in modo inutile e vigliacco. Colpito come se fosse un insignificante bersaglio, crollato a terra, nella polvere, come un albero abbattuto quando cade, rimasto lì minuti a rantolare, prima che qualcuno potesse andare almeno a soccorrerlo.
Poco dopo è stata la volta di un uomo più giovane, ammazzato sempre dai militari israeliani, centrato al volo mentre correva, un uomo giovane, forse avrà avuto dei figli, forse una donna che l’amava e l’aspettava, sicuramente una madre, pochi ne hanno parlato, ma che importa, in fondo non era un uomo…. era soltanto un palestinese, un musulmano, “tanto son tutti uguali, sono estremisti”, così più o meno si pensa no?
Uno dei tanti morti che protestava, non si sa bene a che fare, che i più ormai nemmeno sanno il perché.
Un uomo, un musulmano, un palestinese, un padre, un marito, un figlio, un poeta, un sognatore, un contadino, uno scultore, un artista, oppure altro, nemmeno più si sa bene, in fondo di questi tempi, sembra che nulla più conti, sapere chi fosse, uno dei tanti, che importa, adesso che è ritornato prorompente il bisogno di chiedersi, come qualcuno fece un tempo in un libro, “Se questo è un uomo”.