Quello in atto contro l’ex presidente del Brasile, Luis Ignacio Lula da Silva «è un complotto. Anzi direi di più: si tratta di un attacco alla democrazia. Il secondo atto di un colpo di Stato iniziato con l’illegale destituzione di Dilma Rousseff».
A parlare così è un missionario storico della Consolata, padre Gianfranco Graziola, che al telefono da San Paolo racconta a Popoli e Missione il clima di forte destabilizzazione che vive in queste ore un Brasile scioccato e colpito al cuore dagli eventi.
Ma la richiesta di condanna a dodici anni per corruzione e riciclaggio al 77enne leader del Partito dei lavoratori brasiliano potrebbe rivelarsi un boomerang politico.
«In questo momento la popolarità di Lula è ai massimi storici: se indicasse un candidato alle presidenziali, credo io, la gente lo voterebbe – afferma padre Graziola – I poteri forti (l’oligarchia economica e politica e il mercato finanziario) considerano la trappola tesa a Lula il completamento di un vero e proprio colpo di Stato. Quel che temo è che prima o poi arrivi anche la fase tre: un golpe militare o comunque l’ulteriore militarizzazione del Paese».
E le avvisaglie ci sono tutte: la repressione violenta dei disordini sociali e l’attacco diretto a chi difende il diritto alla terra e i diritti umani sono un campanello d’allarme. L’arresto di padre Amaro, l’attivista dei sem terra, pochi giorni fa, è un segnale.
Il dato positivo di questa azione finalizzata «a togliere di mezzo un simbolo popolare come Lula, è che in realtà la sua figura non è stata intaccata», afferma Graziola che è anche membro della Commissione Pastorale carceraria.
Se è vero che il Paese è diviso sulla colpevolezza dell’ex sindacalista è anche vero che dalla sua parte stanno le masse di poveri e di diseredati, il popolo brasiliano, le comunità di base, la società civile più colpita dalle politiche della destra liberista e una buona fetta della Chiesa cattolica,.
«In questo momento il Brasile è un Paese spaccato a metà: dalla parte di Lula c’è la maggior parte della gente – dice anche Sandro Gallazzi, missionario laico da 45 anni in Brasile, che contattiamo al telefono a Bento Gonçalves, Rio grande do Sul, dove vive – La sensazione generale è che ci sia una lotta tra due poli e che l’arresto di Lula sia arrivato per impedirgli di essere rieletto».
Sandro Gallazzi dice che è quasi impossibile non credere nell’innocenza di un personaggio politico e sindacale che ha sempre fatto dei diritti degli operai e dei braccianti la sua battaglia personale. Il missionario ci descrive però oggi un Paese in difficoltà, preso in ostaggio da forze economiche («la finanza che avanza e che inghiottisce l’economia reale e la terra») e militari, dove l’esercito e la polizia in chiave repressiva e anti-crimine, stanno prendendo il sopravvento.
«Siamo sotto la mannaia di una destra che avanza e che scalza progressivamente il potere residuo del Partito dei lavoratori», spiega Gallazzi, membro della Commisisone pastorale della terra di cui faceva parte la missionaria Dorothy Stang, uccisa dai latifondisti.
La Chiesa locale e i movimenti di base stanno con Lula
Gli fa eco padre Graziola: «nessuno è senza macchia oggi in Brasile: anche il sistema giudiziario che si descrive come l’unico credibile è in realtà corrotto. La Chiesa, con la Conferenza episcopale brasiliana, a breve si esprimerà su questo evento dell’arresto, e dovrebbe emettere un documento. Ma già il vescovo italiano Adriano Ciocca Vasino e gli altri leader cattolici della diocesi di São Félix do Araguaia hanno divulgato una nota dove scrivono che è in corso una “persecuzione virulenta nei confronti di Lula”. Ma perché avviene tutto questo in Brasile?
«La Giustizia si sta prestando a un gioco politico – risponde Gallazzi – per incastrare l’ex presidente. Lui però è riuscito a ribaltare la situazione, a dichiararsi prigioniero politico e perseguitato politico».
Probabilmente, affermano entrambi i missionari, l’errore più grande di Lula, commesso durante gli anni della sua presidenza (2003-2011) è stato quello di «preferire la governabilità e la conciliazione» ad un braccio di ferro continuo per le riforme.
«Ha ceduto a dei compromessi», per quieto vivere, dicono i missionari, e soprattutto «non è riuscito a realizzare la tanto attesa riforma agraria per mancanza di maggioranza in parlamento».
Ma questo sgambetto che indigna tutto il mondo, dice ancora Gallazzi, sarà forse la sua rivincita: «Io sono convinto che nessuno in Brasile in coscienza, creda veramente che Lula possa aver commesso crimini legati alla corruzione».
E il popolo non lo lascerà da solo, tanto più che l’ex presidente è ancora ufficialmente un precandidato all’agone elettorale.
di Ilaria De Bonis – Fondazione Missio
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