Ieri mattina c’era un bel sole sul lungomare di Gaza e da Jabalia, a nord, fino al capoluogo, il lungomare era bloccato alle auto per una maratona ciclistica alla quale partecipavano tutti insieme uomini donne e bambini.
A Gaza non ci sono vere biciclette da corsa, ma non fa niente, la gara si può fare lo stesso. Qualche centinaio di bici sono state prese a noleggio da negozi e associazioni sportive in tutta la Striscia e oltre 300 partecipanti si sono pacificamente sfidati. Tutti insieme hanno concorso sotto lo slogan “health for all”, salute per tutti.
In un posto normale sembrerebbe uno slogan normale, o addirittura banale, ma qui, in una fascia di terra assediata dove gli assedianti seminano la morte ridendo, un simile slogan sembra avere dell’assurdo.
E’ infatti di questi giorni la notizia di un ridente cecchino israeliano applaudito e festeggiato mentre centrava perfettamente un palestinese disarmato.
Il ministro della difesa Liberman, di cui sono conosciute le simpatie comportamentali fasciste, ha addirittura proposto di premiarlo per questo. E il mondo non si è certo scomposto. Qualche rimostranza dalla piccola parte israeliana che non accetta le guasconate fascistoidi di Liberman, e qualche protesta verbale qua e là che focalizza l’attenzione sul singolo caso rimuovendo l’attenzione sull’enormità delle quotidiane violenze israeliane. Forse il video che sta girando su tutti i media non è neanche recente e ci si chiede perché tutti gli organi di informazione che normalmente ignorano o sottovalutano gli omicidi israeliani, in questo caso mostrino tanta attenzione.
Dalla parte palestinese, il segretario dell’OLP Saeb Erekat ha invocato la procuratrice della Corte Penale Internazionale affinché apra un’inchiesta, ma i gazawi ritengono che tutto questo sia solo facciata, che nessuna richiesta secondo le forme dovute sia stata avanzata, che nessuno fermerà Israele che già si sta preparando per la prossima mattanza nel terzo venerdì della “grande marcia”. Sanno anche, però, che nessuno, neanche la morte annunciata, potrà fermare le migliaia di Gazawi che stanno accampati ai border per portare avanti la protesta che si concluderà il 15 maggio, 70esimo anniversario della Nakba, la cacciata dalle loro terre.
Non a caso le magliette della maratona ciclistica portano la scritta 70. Settanta anni di violazioni impunite, ed ora si prova a spostare l’attenzione sull’agire di un singolo cecchino che ha fatto il dovere di cecchino con applauso di altri cecchini chiamati a svolgere lo stesso dovere!
I gazawi sanno, o almeno ritengono, che si tratti di un nuovo imbroglio che porterà tutt’al più alla condanna di un singolo comportamento, condanna, ammesso che ci sia, funzionale all’assoluzione dello Stato ispiratore e mandante di quel comportamento.
“Israele non è stato condannato per l’eccidio di migliaia di palestinesi e ora qualcuno crede che da Ramallah possano farlo condannare per il video che mostra un cecchino che spara a un singolo palestinese!” questo ci dice un esponente politico – non di Hamas – al quale chiediamo un’opiniome. Difficile dargli torto.
Torniamo alla maratona. A organizzarla sono state numerose e importanti associazioni, dalla Red Crescent alla WHO passando per i comitati di cura della salute come l’UHCC o l’UHWC e il Ministero della Salute ha patrocinato l’iniziativa.
Atleti e pubblico non sembrano preoccuparsi di ciò che avverrà il prossimo venerdì e i successivi, sono fieri della loro competizione, grandi e piccoli mostrano i premi ricevuti, dalla coppa alla targa-ricordo e qualcuno nel pubblico si diverte con un drone-giocattolo simulando i fastidiosi e spesso micidiali droni israeliani il cui perenne ronzio ricorda che l’assediante tiene tutti sotto controllo.
Ma i palestinesi che vivono in questo spicchio di terra hanno dell’incredibile. La loro vita è simile a una gimcana in cui ad ogni passo s’incontra un ostacolo da superare: non possono pescare oltre le tre miglia perché la marina da guerra israeliana glielo impedisce, semplicemente uccidendoli. Il mondo non si scompone, i media non mostrano video e Saeb Erekat non interroga la Corte Penale Internazionale. Non possono raccogliere insalata a 300 metri dal confine perché i soldati israeliani fanno il tirassegno uccidendo contadini inermi, ma il mondo non si scompone. Organizzano la grande marcia del ritorno per chiedere l’applicazione del Diritto internazionale e vengono uccisi e feriti da killer in divisa e il mondo più sensibile, e solo quello, parla di reazione sproporzionata nascondendo, sotto quest’aggettivo, l’illegalità di qualunque reazione a un’azione legittima. L’Onu, chiamata a intervenire viene tacitata, l’ingiustificabile giustificazione israeliana di aver il diritto a uccidere qualunque militante o simpatizzante di Hamas viene fatta propria dai più e poi, improvvisamente, mentre i gazawi mostrano la loro imperturbabile intenzione di andare avanti nella loro lotta coprendosi dalla mira dei cecchini solo col fumo di pneumatici bruciati, spunta fuori un video che nel gioco delle parti riuscirà a mostrare ancora una volta come in Israele si confrontino la rozzezza dell’estrema destra incitante all’eccidio dei palestinesi e la civiltà di pochi ma significativi israeliani utili, loro malgrado, al mantenimento della farsesca definizione che vuole Israele Stato democratico.
I gazawi conoscono il copione a memoria e non ci stanno. Potete parlare con chiunque, dal medico che ha partecipato alla gara ciclistica lasciando in un angolo della sua mente i feriti operati tre giorni fa dopo la marcia, alla studentessa che forse venerdì prossimo sarà sul border, al militante di una delle diverse formazioni politiche presenti nella Striscia compresi quelli di Hamas, tutti vi diranno che scandalizzarsi di quel video è una montatura orchestrata da Israele e rilanciata dai suoi sostenitori. Un’alzata di spalle e si torna alla vita.
Ieri, in questo punto di “il Rashid street”, ovvero “shara l Bahar” il lungomare che per gli internazionali si chiama Sea street, si festeggiava la partecipazione alla gara ciclistica e senza troppe parole, ma con la richiesta di foto ricordo e le due dita a V, grandi e piccoli mandavano il loro messaggio di resilienza quotidiana.
Se Israele vorrà, i media lo chiameranno terrorismo su due ruote e chiameranno scudi umani adulti e bambini che da Jabalia a Gaza hanno pacificamente partecipato alla corsa in nome della “salute per tutti”.
Oggi è un altro giorno e andremo a far visita alle famiglie di uno dei tanti martiri, ma già sappiamo che lungo la strada incontreremo bande musicali che festeggiano uno dei tanti matrimoni, e che verremo invitati a un concerto o a una mostra fotografica o ad una delle tante attività che né l’assedio, né la violenza isaeliana riescono a bloccare. Questa è l’incredibile, ma reale, Gaza.