ROMA – Erano al confine tra Ecuador e Colombia, una linea di più di cinquecento chilometri, una zona di nessuno dove l’illegalita’ e’ padrona e ogni tipo di traffico illecito, dalla droga agli immigrati, e’ controllato dai guerriglieri dissidenti delle Farc e dai narcotrafficanti. È qui, nella provincia ecuadoriana de La Esmeralda, che sono stati catturati a fine marzo i due giornalisti del quotidiano ‘El Comercio’, Javier Ortega, Paúl Rivas e il loro autista Efraín Segarra.
Venerdì, il loro appuntamento con la morte in Colombia nella zona del Tumaco, nella regione del Nariño. Prigionieri del ‘Fronte Oliver Sinisterra’, dissidenti delle Farc che non hanno riconosciuto il processo di pace avviato tra il governo colombiano e i vertici dell’ex guerriglia, ribelli che continuano la loro personale battaglia ormai senza ideali e al soldo dei narcos.
Il loro capo, Wálter Patricio Arizala Bernaza alias ‘Guacho’, nato in Ecuador, ha sempre operato nella colonna Daniel Aldana nella regione colombiana del Nariño. Duecento unita’ che controllano sia le rotte illegali dell’immigrazione, divenuto il nuovo business (vista la ripresa delle rotte degli ex-schiavi dall’Africa e dall’Asia per entrare dall’America latina negli Stati Uniti), sia della droga, dove nella costa pacifica lavorano a stretto contatto con i cartelli messicani i nuovi padroni della Colombia.
Qui, secondo quanto emerso dalle indagini degli inquirenti, comprerebbero la pasta prodotta dalla macerazione delle foglie della coca che poi viene trasformata in polvere, piu’ o meno raffinata, da portare principalmente nel mercato nord americano. Sulla testa del capo dei guerriglieri ribelli gia’ pende una taglia del governo di centomila dollari.
Purtroppo l’équipe de ‘El Comercio’ si è trovata nel posto e nel momento sbagliato.
Nella zona di Mataje da mesi e’ in atto una escalation di scontri tra soldati, guerriglieri e narcotrafficanti. Per il rilascio di Ortega, Rivas e Segarra, il Gaucho aveva chiesto al governo ecuadoriano la liberazione di alcuni combattenti Farc e lo stop del tavolo delle trattative a Quito tra i delegati del governo colombiano e l’altra guerriglia, i marxisti-insurrezionalisti dell’Eln.
Dopo giorni di trattative tra i ribelli e il governo ecuadoriano, i tre giornalisti sono stati uccisi, e i dissidenti delle Farc hanno scritto un comunicato attribuendone la causa a un blitz dei militari. Subito avvisato dei fatti, il presidente dell’Ecuador, Lenin Moreno, ha lasciato il summit degli Stati americani in corso a Lima rientrando a Quito per coordinare una azione: importante ora cercare di recuperare i corpi dei tre connazionali.
La Croce Rossa – spiegano ancora fonti locali – si e’ subito offerta di mediare durante le trattative.
A meno di un mese dalle elezioni presidenziali in Colombia, quanto accaduto alimenta lo scontro tra i partiti favorendo chi e’ sempre stato contrario a un accordo di pace con le Farc. Dai vertici ormai istituzionalizzati degli ex guerriglieri alle prese con altri problemi legati sempre al narcotraffico – e’ di questa settimana l’arresto di un loro ex leader da poco entrato al Congresso – nessun commento.
Il presidente colombiano Santos sarebbe in difficolta’, dato che stanno emergendo tutti quei problemi legati al processo di pace che i suoi detrattori avevano pronosticato.
Chi ne esce rafforzato, osservano ancora i media locali, e’ il Centro democratico, il partito del candidato dato in testa nei sondaggi sulle presidenziali, il senatore Ivan Duque.
Il commento piu’ duro arriva appunto dalla senatrice Cd, Maria Fernanda Cabal, da sempre contraria all’accordo di pace: “L’assassinio dei giornalisti e’ il risultato delle negoziazioni.
Questi non sono dissidenti ma continuano ad essere il braccio finanziario delle Farc. Questa e’ l’impunita’ che gli ha regalato Santos”.
Anche alcuni paesi stranieri sostenitori dell’accordo iniziano a mostrarsi preoccupati.
Una parte della comunità’ internazionale ha investito molti fondi per sostenere la rinascita della Colombia, ma proprio nelle ultime settimane vari paesi hanno chiesto a Santos di chiarire in che modo sono stati spesi fino ad ora i milioni di dollari stanziati a sostegno del processo di pace.