Dopo la March for Our Lives, che ha mobilitato milioni di persone, l’obiettivo principale degli attivisti per il controllo delle armi è quello di ottenere potere politico. Questa è una grande direzione; cerca di coinvolgere la gente nel processo democratico e costituisce il pezzo mancante del movimento Occupy di qualche anno fa.
Vediamo le organizzazioni progressiste chiedere alla gente di registrarsi per votare e ascoltiamo gli studenti minacciare i rappresentanti eletti ricordando loro che potrebbero perdere i loro seggi se non approvano leggi che mettano al bando le armi semi-automatiche, alzino l’età minima per comprare armi e istituiscano controlli più estesi e approfonditi. Fermarsi qui, però, non basta. La nostra democrazia formale dà più potere ai rappresentanti eletti che alla gente che ha votato per loro e questa strategia diluisce il movimento, aspettando che i politici su cui si fa pressione facciano la cosa giusta. Quando le persone vengono elette per loro il gioco cambia – non si tratta più di convincere la gente, ma di mantenere il proprio seggio, assicurarsi che il partito all’opposizione non guadagni spazio e allinearsi con il proprio per vincere le primarie.
Dopo il massacro di Columbine non è cambiato niente e non cambierà niente nemmeno dopo quello di Marjory Stoneman Douglas se non facciamo qualcosa che sia al livello del Movimento per i diritti civili. Sarebbe ingenuo pensare che qualche marcia possa produrre un cambiamento. Per produrre questo tipo di cambiamento dobbiamo colpire alla base il potere economico e politico.
Dobbiamo fare una nuova proposta, che vada oltre il voto e affronti il problema fondamentale della nostra società, ossia la VIOLENZA. Il numero di armi nel nostro paese è folle, ma il numero di poveri e di senzatetto, il divario tra ricchi e poveri, l’entità delle spese militari, la concentrazione economica e tecnologica delle risorse, la concentrazione e manipolazione dei mass media, la paralisi davanti al cambiamento climatico, la discriminazione contro le minoranze razziali, religiose e sessuali e il declino totale dei diritti umani sono ancora più folli, oltre che amorali e spregevoli.
Abbiamo bisogno che una nuova generazione di giovani sinceri e coraggiosi si presenti alle elezioni, abbiamo bisogno di creare un fronte politico nonviolento per ottenere un potere sociale e politico diretto contro la macchina politica dell’establishment. Questo è già successo in Cile: dopo la protesta studentesca del 2006 chiamata la Rivoluzione dei pinguini (per via delle uniformi bianche e nere degli studenti delle superiori protagonisti della protesta, N.d.T.), il movimento si è trasformato in tante piccole formazioni politiche create e gestite dagli studenti stessi. Molte di queste organizzazioni hanno di recente creato una coalizione chiamata Frente Amplio. Dopo un solo anno di esistenza, hanno ottenuto il 20% dei voti nelle ultime elezioni ed eletto un senatore e venti deputati (tra cui Camila Rojas, di 26 anni, la più giovane deputata mai eletta in Cile).
Questa è un’occasione per tutti noi di immaginare un nuovo panorama politico basato sui valori umani fondamentali. La nostra democrazia ha bisogno di aria fresca. Come abbiamo visto durante le marce, milioni di persone sono pronte ad aiutare e a mobilitarsi.
Traduzione dall’inglese di Anna Polo