L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) saluta il verdetto della Corte di Giustizia dell’Unione europea riguardante la disputa sulla validità dell’accordo di pesca tra Unione Europea e Marocco. La Corte europea ha riaffermato che il Sahara Occidentale non è parte del territorio del Marocco. Il verdetto costituisce una netta sconfitta per il Marocco che fin dall’occupazione illegale dell’ex colonia spagnola tenta di far riconoscere alla comunità internazionale il Sahara Occidentale come parte del territorio del Marocco. Per i Saharawi il verdetto invece è una vittoria che pone fine allo sfruttamento ittico davanti alle coste del Sahara Occidentale senza il consenso dei Saharawi. Finora il maggiore beneficiario della pesca davanti alle coste del Sahara Occidentale era proprio l’Unione Europea grazie ad un accordo di pesca siglato con il Marocco. Attualmente i termini dell’accordo, in scadenza per il prossimo 14 luglio 2018, sono oggetto di trattative tra l’Europea e il paese nordafricano.
Il verdetto sfavorevole al Marocco non è stata una sorpresa. Già lo scorso 10 gennaio 2018 l’avvocato generale della Corte europea Melchior Wathelet aveva raccomandato di annullare l’accordo di pesca tra UE e Marocco poiché l’accordo includeva la regione del Sahara Occidentale. L’odierno verdetto non annulla l’accordo ma ne limita l’applicazione escludendo di fatto le acque territoriali del Sahara Occidentale.
Da anni i Saharawi sono in conflitto con il Marocco per lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale occupato. Se per i Saharawi lo sfruttamento delle risorse nella regione è illegale e viola il diritto internazionale, il Marocco, che considera quel territorio proprio, continua invece a sfruttare le risorse senza pagare alcuna forma di risarcimento. Secondo i consulenti legali delle Nazioni Unite, qualunque prelievo di risorse naturali o lo sfruttamento agricolo di un territorio occupato illegalmente deve sottostare a condizioni particolarmente severe. Solitamente lo sfruttamento continuo del territorio occupato è considerato legale solo se il profitto derivante va a beneficio della popolazione tradizionalmente insediata nella regione.